Non poteva che finire così. Con l’ennesima, amara, beffarda fregatura per i sardi. La continuità aerea fantasma, quella affidata senza bando a Ita e Volotea, è naufragata prima di subito: iniziata a maggio, le compagnie hanno comunicato qualche giorno fa alla Regione di non poter proseguire. Ovvero, di non poter più garantire ai sardi la possibilità di volare a prezzi calmierati e fissi su Roma e Milano, che poi non ci dimentichiamo che sono botte di 150 euro alla volta, altro che pari opportunità col resto d’Italia.
Non poteva che finire così perché già quando nei bandi veniva definito e precisato e scolpito tutto nero su bianco, già quando le compensazioni erano enormi, già quando i controlli erano serrati, le cose che non funzionavano erano tantissime. Figuriamoci quando l’adesione alla continuità è volontaristica, come in questo caso, e non prevede compensazioni. E così, finita l’estate in cui per tre mesi gli aerei scoppiavano di turisti, è già l’ora dell’addio, anche se i voli per contratto dovranno essere garantiti fino a febbraio 2023.
Al di là dei costi che ancora una volta si abbatteranno sui sardi, fa tristezza il fatto in sé. Farsi trattare come la Sardegna da troppo tempo viene trattata. Mendicare invece di rivendicare con orgoglio. Accontentarsi invece di essere ambiziosi. Galleggiare invece che imparare a nuotare. Questa è la triste realtà, e con questo ogni giorno chi vive in Sardegna deve fare i conti. La politica tutta ha sventolato la bandiera dell’insularità in costituzione come se fosse una grande conquista, e invece è solo una inutile perdita di tempo, senza contenuti e che nessun vantaggio concreto porterà all’isola.
Ora che la notizia dell’addio alla continuità è di dominio pubblico, è tutto un commentare e protestare e rintuzzare. Ma la domanda, triste e scontata, è: dov’era, se c’era, finora la politica?









