Monserrato, l’odissea di una donna costretta a vagare da un presidio sanitario all’altro per ottenere i farmaci: “Ho insistito ed ottenuto il mio diritto, ma le persone in fila con me alla farmacia avevano già passato mezza giornata in giro per la città, erano stanche, sofferenti”.
La segnalazione giunge da Paola, 30 anni, di San Vito, e racconta la lunga giornata trascorsa ieri tra reparti e ospedali dopo l’amara sorpresa di aver constatato che l’ambulatorio di riferimento era stato spostato. In cura per diverse patologie, alcune croniche, con le quali la donna deve convivere, ieri, come ogni due mesi circa, mi sono recata presso il Policlinico Universitario D. Casula di Monserrato, dove da diversi anni ha sede l’ambulatorio di immunologia che mi segue, con il suo personale e i suoi medici competenti, accoglienti e disponibili”. L’amara sorpresa, però, ossia quella della “porta dell’ambulatorio a cui si accede dall’esterno del blocco ospedaliero chiusa, senza più intestazione e con la maniglia smontata, nessun cartello o indicazione”.
Solo pochi giorni di terapia rimanevano alla donna, “sono entrata dall’accesso dei carrelli della biancheria, un corridoio che coincide con il retro del mio ambulatorio e che contiene da anni, oltre al passaggio dei carrelli del materiale ospedaliero che va in lavanderia, la lunga coda dei pazienti che attendono, in piedi di fronte alla porta della farmacia, i farmaci ospedalieri prescritti durante le visite.
Qui, nel retro, ho trovato l’ambulatorio svuotato con alcuni tirocinanti che mi hanno gentilmente informata che tutto era stato improvvisamente spostato presso il vecchio Ospedale civile di Cagliari, il San Giovanni di Dio, mi hanno anche detto che probabilmente lo stesso ambulatorio, non sarà più in grado di fornirmi insieme alla visita, i farmaci necessari alla continuazione della mia terapia, ma che ogni volta dovrò, finita la visita, recarmi a Monserrato, in fila nel corridoio, ovvero tutti i pazienti del reparto di immunologia e degli altri reparti che sono stati trasferiti, saranno costretti a passare da un ambulatorio in centro città, ad una farmacia, in un altro ospedale ed un altro comune (Monserrato)”.
La donna non si rassegna e si reca all’URP del Policlinico, “a denunciare il disservizio”: “Mi sono mostrata piuttosto decisa, ho ottenuto per prima cosa una mail con la richiesta per la farmacia e anche i nuovi numeri di telefono e l’indirizzo mail del reparto che mi segue, che da settimane non mi rispondeva più.
Ho avuto quindi la fortuna, di poter tornare al corridoio della lavanderia, ossia della farmacia a ritirare i miei farmaci. Ma cosa succede a tutti quelli che non hanno la grinta e/o la forza fisica per richiedere un proprio fondamentale diritto?”.Per poter ritirare le proprie terapie ospedaliere i pazienti del Policlinico, provenienti da metà Sardegna, si devono recare presso la sede di Monserrato e solo previa prenotazione, “attraverso un sito che in generale non risponde ai contatti telefonici e obbliga i pazienti all’utilizzo di strumenti informatici assolutamente non alla portata di tutti. Se ad una visita segue un farmaco e non si ha la prenotazione, o come nel mio caso e quello di altri pazienti che sono arrivati dal San Giovanni di Dio, c’è un disservizio, le code diventano due ed il tempo di attesa incerto”.
La consegna dei farmaci ospedalieri non è sempre conseguente al risultato di una visita, infatti nel caso di malattie croniche il passaggio presso l’ambulatorio ospedaliero serve, a volte, unicamente come adempimento burocratico. “Io, come moltissimi utenti di questa struttura ospedaliera, abito distante, in un comune a più di 60km da Cagliari, questo già costa parecchio in termini economici, di fatica, sofferenza e costi ambientali, ma se il raggiungimento di un diritto come quello dell’accesso ai farmaci deve passare da una caccia al tesoro per la città, la scelta della Direzione sanitaria mi risulta ancora più incomprensibile e crudele.
Come trovo crudele, ingiusto e vergognoso che nei decenni, la ASL e i vari assessorati alla Sanità, non siano ancora riusciti a stabilire una modalità di consegna dei farmaci ospedalieri nelle aree periferiche, che sarebbe utilissima per migliaia di pazienti e per le loro famiglie”.
Un esempio? “Durante il Covid, attraverso la Croce Rossa, sono riuscita a fare arrivare i miei farmaci, con uno dei corrieri farmaceutici che ogni giorno fanno spola fra il capoluogo, le farmacie e gli ospedali delle zone interne, in quell’occasione sono arrivati presso la farmacia più vicina al mio luogo di residenza.
Ho capito, anche dalle risposte dell’URP, che la questione dei farmaci ospedalieri sarebbe di abbastanza semplice risoluzione con un protocollo di consegna che, sopratutto nel caso dei malati cronici con cure determinate per anni, permetterebbe di non far fare ad ogni paziente (persona con patologia) intere giornate di spostamenti, utilizzando la rete delle farmacie, dei piccoli ospedali, dei presidi sanitari, o dei medici di base”.
La segnalazione giunge da Paola, 30 anni, di San Vito, e racconta la lunga giornata trascorsa ieri tra reparti e ospedali dopo l’amara sorpresa di aver constatato che l’ambulatorio di riferimento era stato spostato. In cura per diverse patologie, alcune croniche, con le quali la donna deve convivere, ieri, come ogni due mesi circa, mi sono recata presso il Policlinico Universitario D. Casula di Monserrato, dove da diversi anni ha sede l’ambulatorio di immunologia che mi segue, con il suo personale e i suoi medici competenti, accoglienti e disponibili”. L’amara sorpresa, però, ossia quella della “porta dell’ambulatorio a cui si accede dall’esterno del blocco ospedaliero chiusa, senza più intestazione e con la maniglia smontata, nessun cartello o indicazione”.
Solo pochi giorni di terapia rimanevano alla donna, “sono entrata dall’accesso dei carrelli della biancheria, un corridoio che coincide con il retro del mio ambulatorio e che contiene da anni, oltre al passaggio dei carrelli del materiale ospedaliero che va in lavanderia, la lunga coda dei pazienti che attendono, in piedi di fronte alla porta della farmacia, i farmaci ospedalieri prescritti durante le visite.
Qui, nel retro, ho trovato l’ambulatorio svuotato con alcuni tirocinanti che mi hanno gentilmente informata che tutto era stato improvvisamente spostato presso il vecchio Ospedale civile di Cagliari, il San Giovanni di Dio, mi hanno anche detto che probabilmente lo stesso ambulatorio, non sarà più in grado di fornirmi insieme alla visita, i farmaci necessari alla continuazione della mia terapia, ma che ogni volta dovrò, finita la visita, recarmi a Monserrato, in fila nel corridoio, ovvero tutti i pazienti del reparto di immunologia e degli altri reparti che sono stati trasferiti, saranno costretti a passare da un ambulatorio in centro città, ad una farmacia, in un altro ospedale ed un altro comune (Monserrato)”.
La donna non si rassegna e si reca all’URP del Policlinico, “a denunciare il disservizio”: “Mi sono mostrata piuttosto decisa, ho ottenuto per prima cosa una mail con la richiesta per la farmacia e anche i nuovi numeri di telefono e l’indirizzo mail del reparto che mi segue, che da settimane non mi rispondeva più.
Ho avuto quindi la fortuna, di poter tornare al corridoio della lavanderia, ossia della farmacia a ritirare i miei farmaci. Ma cosa succede a tutti quelli che non hanno la grinta e/o la forza fisica per richiedere un proprio fondamentale diritto?”.Per poter ritirare le proprie terapie ospedaliere i pazienti del Policlinico, provenienti da metà Sardegna, si devono recare presso la sede di Monserrato e solo previa prenotazione, “attraverso un sito che in generale non risponde ai contatti telefonici e obbliga i pazienti all’utilizzo di strumenti informatici assolutamente non alla portata di tutti. Se ad una visita segue un farmaco e non si ha la prenotazione, o come nel mio caso e quello di altri pazienti che sono arrivati dal San Giovanni di Dio, c’è un disservizio, le code diventano due ed il tempo di attesa incerto”.
La consegna dei farmaci ospedalieri non è sempre conseguente al risultato di una visita, infatti nel caso di malattie croniche il passaggio presso l’ambulatorio ospedaliero serve, a volte, unicamente come adempimento burocratico. “Io, come moltissimi utenti di questa struttura ospedaliera, abito distante, in un comune a più di 60km da Cagliari, questo già costa parecchio in termini economici, di fatica, sofferenza e costi ambientali, ma se il raggiungimento di un diritto come quello dell’accesso ai farmaci deve passare da una caccia al tesoro per la città, la scelta della Direzione sanitaria mi risulta ancora più incomprensibile e crudele.
Come trovo crudele, ingiusto e vergognoso che nei decenni, la ASL e i vari assessorati alla Sanità, non siano ancora riusciti a stabilire una modalità di consegna dei farmaci ospedalieri nelle aree periferiche, che sarebbe utilissima per migliaia di pazienti e per le loro famiglie”.
Un esempio? “Durante il Covid, attraverso la Croce Rossa, sono riuscita a fare arrivare i miei farmaci, con uno dei corrieri farmaceutici che ogni giorno fanno spola fra il capoluogo, le farmacie e gli ospedali delle zone interne, in quell’occasione sono arrivati presso la farmacia più vicina al mio luogo di residenza.
Ho capito, anche dalle risposte dell’URP, che la questione dei farmaci ospedalieri sarebbe di abbastanza semplice risoluzione con un protocollo di consegna che, sopratutto nel caso dei malati cronici con cure determinate per anni, permetterebbe di non far fare ad ogni paziente (persona con patologia) intere giornate di spostamenti, utilizzando la rete delle farmacie, dei piccoli ospedali, dei presidi sanitari, o dei medici di base”.












