Una coperta? È rara quasi quanto un ricovero sicuro, al Policlinico di Monserrato. Per non parlare, poi, di una radiografia o di una visita completa. Al pronto soccorso del polo ospedaliero ai margini della Ss 554 vanno in scena situazioni da pieno delirio. Parenti dei pazienti buttati sulle scale o in piedi che, nervosamente, attendono di avere notizie dei propri cari. Il monitor in tempo reale segna per ore due codici rossi, una quindicina di gialli e cinque verdi in visita, più ventiquattro persone in attesa di essere chiamate. E fioccano i record negativi. Silvia, cinquantenne di Quartu, ha probabilmente imparato a memoria tutti i tipi di piante accanto alla stradina laterale del pronto soccorso: “Sono qui ormai da ieri sera. Mia madre è caduta e si è fratturata un femore, è arrivata con l’ambulanza. Sino all’ora di pranzo non ho avuto sue notizie, poi sono potuta entrare e, a 24 ore dal nostro arrivo, non l’hanno ancora visitata”, racconta mentre, smartphone tra le mani, cerca di tenersi sveglia in ogni modo, tra messaggi e video. “Mamma aveva freddo, ho chiesto una coperta ma mi è stato risposto che non ne avevano nemmeno una. Allora ho chiesto almeno un lenzuolo, non avevano nemmeno quello. Sono dovuta andare a comprarlo, pur di proteggerla”, prosegue. “Non so nemmeno se la ricovereranno, non stanno facendo passare nessuno. Ma è chiaro che, avendo un femore rotto, deve subire un’operazione”. Non c’è altro da fare che attendere e, per chi crede, pregare. Anche se un’invocazione al cielo la lancia anche chi, magari, non ha mai messo piede in una chiesa.
Il disastro sanità, tra pochi letti disponibili e attese lunghe, va avanti. Una 90enne è arrivata con dolori e problemi alla schiena da Decimoputzu. “Mamma sinora ha fatto il triage, è pieno di gente. Non ci hanno detto se potranno ricoverarla, siamo arrivati alle nove e mezza del mattino e non l’hanno ancora visitata”, sbuffa il figlio, un sessantenne. E il cognato aggiunge: “È normale, sta diventando la normalità”. “Con mia madre c’è una delle mie sorelle, speriamo bene”. “Siamo arrivati qui verso mezzogiorno, il medico di famiglia ha mandato all’ospedale mio padre novantunenne perchè serve capire se abbia bisogno di una trasfusione. Per fortuna sta bene, ma stiamo aspettando da più di sei ore”, afferma Attilio di Cagliari, “chissà se lo ricovereranno o se lo rimanderanno a casa”. Impossibile fare previsioni. Ogni tanto si butta un’occhiata oltre il vetro della porta del pronto soccorso per cercare di capire, a distanza, se il proprio caro abbia bisogno di qualcosa. Una coperta è meglio portarsela da casa. Forse, vista la situazione, anche un letto, per sperare di essere ricoverati e controllati.











