Tre microcellulari e centonovanta grammi di droga, tra cocaina e marijuana, trovati in uno dei reparti interni del carcere di Uta. Telefonini e stupefacente ancora “protagonisti” nel carcere, come denuncia il segretario regionale del Sappe, Luca Fais. “Da tempo la polizia penitenziaria stava monitorando degli atteggiamenti sospetti di alcuni detenuti e nel momento opportuno ha dato esecuzione all’operazione di servizio che ha interrotto l’attività illecita”, spiega Fais, “purtroppo molti detenuti studiano ogni mezzo utile per introdurre negli istituti penitenziari telefoni cellulari e sostanze stupefacenti. Tale sistema organizzativo si può prevenire con accurate attività di osservazione e controllo dei poliziotti. A giorni arriveranno quaranta neo agenti che daranno un forte contributo al miglioramento dell’organizzazione del lavoro, auspicando comunque una costante collaborazione della direzione con le organizzazioni sindacali per individuare e risolvere le problematiche dell’istituto”.
E, sull’ennesimo ritrovamento di cellulari e droga, interviene anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece: “Non sappiamo più in quale lingua del mondo dire che le carceri devono essere tutte schermate all’uso di telefoni cellulari e qualsiasi altro apparato tecnologico che possa produrre comunicazioni. È anche necessario prevedere uno specifico reato penale per coloro che vengono trovati in possesso di cellulari in carcere. I penitenziari sono sicuri assumendo i provvedimenti necessari per potenziare i livelli di sicurezza e nuovi agenti di polizia penitenziaria”. Per Capece “è sempre più indispensabile dotare i reparti di polizia penitenziaria di body scanner che possono aiutare molto in termini di prevenzione e contrasto circa l’introduzione di materiale illecito e non consentito nelle carceri”.












