Sette lunghissimi minuti di terrore e dolore che hanno cambiato per sempre la vita della 44enne Lucia Regna, aggredita brutalmente dal marito il 28 luglio 2022. La donna volto ricostruito da 21 placche di titanio e un nervo oculare lesionato in maniera permanente. Come anticipato da La Stampa, secondo il giudice del Tribunale di Torino Paola Gallo, la 44enne avrebbe “sfaldato un matrimonio ventennale” comunicando la separazione “in maniera brutale”.
Quindi, l’aggressore “va compreso, non fu un accesso d’ira immotivato” ma “uno sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane”.
Queste le motivazioni scritte dal giudice a corredo della sentenza che a giugno ha assolto l’uomo dall’accusa di maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna, condannandolo solo a un anno e sei mesi per lesioni.
Anche gli insulti e le minacce – “pu…a”, “non vali…”, “ti ammazzo” – vengono definiti “frasi da calare nel contesto della dissoluzione della comunità domestica, umanamente comprensibile”. L’imputato, ritenuto “sincero e persuasivo”, resta libero.
La pm Barbara Badellino aveva chiesto 4 anni e mezzo. “La sentenza viviseziona e mortifica la vittima, mentre è indulgente verso l’uomo che le ha sfondato il volto”, commenta l’avvocata di parte civile Annalisa Baratto.
In prima linea accanto alla madre i due figli di Lucia, che hanno utilizzato la storia di Lucia come monito per tutte le donne in difficoltà lanciando il messaggio “denunciate subito”, portando la foto della madre a scuola con il volto pieno di lividi.
Di diverso parere l’avvocato della difesa Giulio Pellegrino, che ha definito la decisione “un caso esemplare di attenzione e rigore nell’analisi dei fatti e delle prove”.
Sul caso interviene anche la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone. “Quando una sentenza definisce sette minuti di violenza inaudita, con un volto frantumato in 21 placche di titanio, come ‘uno sfogo comprensibile’, il nostro Paese scivola in un abisso medievale di tolleranza verso la violenza maschile”. “Eppure quell’uomo è stato assolto, perché i giudici hanno ritenuto la sua rabbia ‘umana e spiegabile’ – prosegue Bruzzone – La ‘colpa’? Lucia avrebbe ‘sfaldato il matrimonio’. Questa logica ribalta i ruoli e la vittima viene colpevolizzata, l’aggressore quasi compreso”. Una giustificazione che “sa di resa culturale – sottolinea ancora Bruzzone sul suo profilo social – che legittima la violenza come risposta accettabile al dolore maschile. E il punto è sempre questo perché, evidentemente, la logica secondo cui una donna maltrattata (persino uccisa) ‘se la sia cercata’ non riusciamo a scardinarla neppure nella mente di chi giudica queste vicende indossando una toga e pronunciandosi ‘in nome del popolo italiano'”.












