Ricci a rischio estinzione. Anche a causa della pesca sempre più intensa. Un attività che dà lavoro ai disoccupati, ma che minaccia l’esistenza stessa dei ricci. L’allarme è stato lanciato da Legambiente che in un posto (sulla pagina Legambiente Alghero) ha fotografato la situazione della pesca del riccio nell’Isola. “In Sardegna il tradizionale periodo di pesca e consumo del riccio di mare erano le secche di gennaio/febbraio. Non solo perché il mare calmo e la bassa marea ne favorivano la pesca, ma perché questo è il periodo in cui sono “pieni” e quindi gustosi. La pesca è stata aperta a novembre, ma ora i ricci sono “quasi vuoti”, forse anche a causa dell’anomala alta temperatura del mare. Questo significa che ci vogliono centinaia di ricci per riempire una dannata bottiglietta di polpa. Ma le norme regionali con conoscono i cicli stagionali del mare.
Inoltre”, si legge, “è un assurdo che sia consentita la pesca dei ricci nelle aree marine protette che nascono proprio per tutelare gli habitat marini di loro competenza. Le amp (aree marine protette, ndr) sarde dovrebbero essere aree di ripopolamento per compensare la pesca nelle zone esterne alle amp. A differenza dei cinghiali a terra, che non hanno predatori naturali (e quindi l’uomo deve tenerne a bada il numero), i ricci hanno i loro predatori e le decine di milioni di esemplari catturati ogni anno nei mari sardi sono decisamente troppi. La stagione di pesca dovrebbe essere più breve, il prodotto totalmente tracciabile, incentivando soprattutto il consumo fresco e non la polpa. Se le risorse marine continueranno ad essere la valvola di sfogo di disoccupazione, povertà sociale e razzie (legali ed illegali), in un prossimo futuro non ce ne sarà più per nessuno”.












