“Il turismo riparte a condizione che ovviamente ci sia una vaccinazione rapida e avrà bisogno di collegamenti. Ho chiesto al ministro di farsi portavoce a Roma e a Bruxelles per considerare la Sardegna perché abbiamo bisogno di collegamenti, di continuità territoriale. Non si può fare turismo 3-4 mesi e tra l’altro a singhiozzo.
Ho chiesto inoltre di farsi portavoce di una linea comune di comportamento: abbiamo grandi difficoltà, spesso veniamo considerati diversamente, siamo stati discriminati. Vogliamo gli stessi trattamenti, pari condizioni di farci camminare con le nostre gambe e farci vivere di economia al turismo. In Sardegna o si viene in nave o si viene in aereo e noi siamo pemalizzati fortemente con i collegamenti: dobbiamo avere quindi condizioni diverse, migliori, più favorevoli per i sardi, sia per quelli che partono che per tutti i turisti che vengono in Sardegna. Abbiamo questa grande possibilità di vivere di economia al turismo e la pandemia ha messo in evidenza quanto vale la Sardegna”.
Il ministro Garavaglia ha riconosciuto che il passaporto sanitario, bocciato un anno fa, è il modello giusto per ripartire: “I sardi devono essere orgogliosi che Solinas ha avviato questa iniziativa. La Comunità Europea deciderà o vaccino o tampone, in un modo o nell’altro bisogna dichiarare che si viene sani e si riparte più sani, alla partenza devono dimostrare il certificato di negatività o vaccino”.
“Per quanto riguarda la vaccinazione, si punta ad avere almeno 15 mila dosi al giorno e se le cose vanno regolari, avremmo a metà giugno circa 1 milione e 200 mila persone vaccinate. Io credo che una priorità è quella che bisogna accelerare la produzione di vaccini. La svolta è lì, altrimenti non se ne esce e non si può continuare avanti così, perché ci sono persone che non si rialzeranno.
Viaggiare nel mondo sarà solo ed esclusivamente per chi ha fatto il vaccino o, 48 ore prima, un test di negatività: bisogna cercare di imporre alle case farmaceutiche di produrre più vaccini, non può essere che siamo così a rilento. Credo che occorra più responsabilità, non possiamo anche essere oggetto, schiavi prigionieri delle case farmaceutiche. Serve far arrivare i vaccini perché l’organizzazione c’è.
Credo che sarà una buona estate, bisogna ancora tribolare per un paio di mesi per poter cominciare ad accarezzare la vita che tutti, insomma, facevamo prima: ci vorranno altri due mesi per essere più sicuri”.
Risentite qui l’intervista a Gianni Chessa del direttore Jacopo Norfo e di Paolo
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