Nei giorni di festa in cui tutti vorremmo essere uniti e sereni ci siamo ritrovati a vivere uno dei nostri peggiori incubi: la morte di una persona cara presso l’Ospedale Sirai di Carbonia.
Nel 2018, nonostante l’Italia sia un paese popolato più da anziani che da giovani, accadono episodi di questo genere che meritano di essere stigmatizzati.
Lo scorso 14 agosto, un medico di turno, riferendosi a una paziente novantaquattrenne, ha affermato, senza mostrare alcun calore umano, che “nell’arco della giornata sarebbe venuta a mancare per le condizioni critiche del cuore e perché anziana” e così la malcapitata è stata lasciata senza assistenza medica, senza un monitoraggio cardiaco, nonostante il cuore fosse in forte fibrillazione e solo con una maschera d’ossigeno per il resto delle sue ultime ore.
La mattina in cui la paziente ha avuto la crisi respiratoria gli operatori del 118, accorsi solleciti, hanno avuto difficoltà nel mettersi in contatto con l’ospedale C.T.O. di Iglesias per l’accesso al Pronto Soccorso, per cui il medico dell’ambulanza ha deciso di portare la paziente nell’unico ospedale più vicino: il Sirai di Carbonia. In quest’ultimo, abbiamo subito la totale assenza di empatia degli operatori: nessun medico che vigilasse e nessun monitoraggio cardiaco.
Nel momento in cui è spirata la nostra cara non siamo riusciti ad avere nessuno che accorresse per rilevare l’assenza di battito e, dopo la nostra insistenza il medico arrivato in stanza ha esclamato, senza neppure toccarla “Signori, mi sembra evidente la situazione. È l’evoluzione biologica della vita…”
Quale uomo si può assurgere a grande pontificatore senza trasmettere alcuna empatia UMANA, quale uomo può essere impegnato a leggere dei documenti anziché accorrere al capezzale di una persona che sta lasciando la vita per sempre e presentarsi con tutta calma e tale affermazione?
Quale essere umano non ha il diritto di poter morire dignitosamente nel 2018, accerchiato solo dal calore dei propri affetti anziché “spirare” nel chiasso di una camera condivisa con i parenti degli altri degenti? Questa è la situazione che abbiamo vissuto.
Successivamente, ci siamo trovati a vegliare la nostra cara prima in una stanza di parcheggi di sedie a rotelle dismesse, con pitali abbandonati nell unico lavandino in cui lavarsi le mani, poi in una camera mortuaria con muri scrostati e due misere panchine arrugginite nella stanza antistante; questa è la Camera mortuaria dell’ospedale Sirai.
Non discutiamo la diagnosi perché probabilmente era arrivato il momento d’andar via per la cara “signora anziana” ma vorremmo che tutti ricordassero che a 94 anni si può essere ancora lucidi e con la voglia di vivere, e si ha la stessa dignità e gli stessi diritti di un ventenne, perché si è pur sempre un essere umano che merita rispetto anche da chi esercita la professione della ‘”cura del prossimo’” e dalla struttura ospedaliera in cui dovrebbe trascorrere le ultime ore di vita.
Orsola D’Ambrosio










