Sentendo la notizia della scossa di qualche giorno fa, nella costa orientale della Sardegna, al largo di Olbia, non posso non pensare alla mia ricerca storica sul terremoto del 4 giugno 1616, avvenuto al largo di Capo Carbonara, che danneggiò seriamente ben otto torri costiere della Sardegna sud-orientale, nel tratto di costa che va da Cala Pira a Cala Regina.
Procedendo nello studio delle vicende legate alla difesa del Regno di Sardegna in epoca spagnola, svolto nel corso del dottorato di Ricerca in Storia Moderna, e, successivamente, nel corso del progetto per giovani ricercatori, finanziato dalla regione Autonoma della Sardegna, ebbi modo di analizzare attentamente una serie di documenti del fondo dell’Amministrazione delle Torri, conservato presso l’archivio di Stato di Cagliari, che attirarono la mia attenzione, soprattutto per l’inusuale motivazione che fu all’origine di un intervento di restauro a cui furono sottoposte le sopra citate otto torri costiere, vale a dire, un terramotu o terratremol.
Dopo aver consultato quelle interessantissime carte, spronato anche dalla ricercatrice e mia tutor per il progetto RAS, l’amica e poi collega del CNR (negli anni in cui ebbi la fortuna di collaborare), la dott.ssa Maria Grazia Mele, e dopo aver approfondito la ricerca, anche grazie ad alcune intuizioni e riscontri documentali, avemmo la definitiva conferma dell’evento. Infatti, oltre al memoriale del mese di agosto, relativo proprio alla gara d’appalto indetta con urgenza, per il restauro delle otto torri lesionate dal terremoto del 4 giugno, che ha reso possibile far emergere dall’oblio questo inimmaginabile avvenimento, ebbi modo di analizzare un altro fondamentale documento, ovvero la relazione del priore di Selargius Francesco Mirò, rintracciato presso Archivio Storico Diocesano di Cagliari, all’interno di un volume dei Quinque Libri del Comune di Selargius, relativo proprio al 1616, dove si parla anche di un altro evento similare, non così importante, avvenuto l’anno successivo. Nella prima parte di quella relazione vi è scritto che il 4 giugno 1616 alle tre del pomeriggio si verificò un terremoto che fece tremare tutte le cose e persino le case a tal punto che sembrava stessero per crollare.
Un terza attestazione ci è pervenuta grazie al Canonico Spano e alla sua Guida della città di Cagliari. Nella descrizione della Cattedrale di Santa Maria, egli ci informa della presenza di un’iscrizione presente sopra la porta all’ingresso della sagrestia; iscrizione effettivamente presente nel punto indicato e in cui è scritto “A. D. 4 Iunii terremotus factus est.1616”.
Le torri colpite dal sisma furono, procedendo dalla parte situata più a nord della costa sud orientale, fino a giungere nella fascia costiera più prossima alla capitale del regno di Sardegna, furono le seguenti: Torre di Cala Pira (Castiadas), Torre di San Luigi o dell’Isola di Serpentara (Villasimius), Torre di Porto Giunco (Villasimius), Torre dell’Isola dei Cavoli (Villasimius), Torre di Cala Catalina o Caterina (Villasimius), Torre di Capo Boi (Sinnai), Torre di Monte Fenugu (Maracalagonis), Torre di Cala Regina (Quartu Sant’Elena)
Una nota di colore, che, se vogliamo, ci riporta ai giorni nostri, fu quella relativa all’assegnazione dell’intervento di ripristino delle stesse, infatti, i lavori di restauro delle otto torri costiere, non senza alcune piccole difficoltà, furono assegnati ai mestres picapedrers Sissinni Setxi, Sebastià Cau e Pere Joan Pintus. L’assegnazione dell’appalto per una somma pari a 4300 lliures, già decisa nell’agosto 1616, venne successivamente modificata per un successivo tentativo di acquisizione, da parte del mestre picapedrers Ligas, che propose all’amministrazione di portare a compimento i lavori per una cifra molto inferiore, nel tentativo di soffiare l’importante incarico ai maestri Secci, Cau e Pintus ai quali il lavoro era già stato affidato. L’offerta al ribasso, presentata all’amministrazione dal mestre Nicola Ligas di 3.800 lliures, che permetteva alla medesima istituzione di risparmiare ben 500 lire, non ebbe però buon esito, infatti, i mestres Sechi, Cau e Pintus non si scomposero e, nella paura che gli ufficiali dell’amministrazione levassero loro quell’importante e remunerativo appalto, per non perdere l’importante faena, proposero un ulteriore ribasso di 5 lliures, per cui l’amministrazione non mutò le decisioni assunte in precedenza, eccettuato l’ammontare complessivo dei lavori, che si ridusse passando da 4 mila 300 a 3 mila 795 lire. Tale decisione da parte dell’amministrazione, ovvero l’assegnazione del suddetto appalto ai maestri muratori Secci, Cau e Pintus, è confermata anche dalle registrazioni dei vari pagamenti effettuati dalla stessa e riportate dal Clavario di Cagliari Père Espa, nel Registro dei conti.
Non abbiamo conoscenze scientifiche, sia in ambito geologico che sismico, abbiamo perciò dato mandato alla professoressa Silvana Fais del Dipartimento di Geoingegneria e tecnologie ambientali dell’università di Cagliari che, in una collaborazione con l’Isem-Cnr, dopo aver effettuato un’analisi dei dati in nostro possesso, la valutazione degli stessi: “porta ad ipotizzare, in mancanza di dati sismologici strumentali, un sisma di intensità pari al 6˚ o al 7˚ grado della scala Mercalli. Ma i dati andranno valutati in relazione alla conformazione geologica della zona, alla tecnica costruttiva delle torri e alla quantità e qualità dei materiali edili. Per quanto concerne l’epicentro, considerando l’area interessata dagli effetti del sisma e il contesto geologico e geodinamico della Sardegna meridionale, è possibile ipotizzare che fosse localizzato in mare, non distante dalla costa. Il sisma sarebbe quindi una conseguenza della dinamica del bacino del Tirreno meridionale; tale ipotesi andrà validata studiando l’assetto strutturale del Golfo di Cagliari”.
https://www.carlodelfinoeditore.it/public/docs/vacca-terremoto.pdf
Daniele Vacca











