Le grane per il Pd non sono finite con la scelta in extremis di Francesco Pigliaru come candidato alla presidenza della Regione per le elezioni del 16 febbraio, perché adesso c’è da sbrogliare la matassa Psd’Az: accettarli o no in coalizione? Vista la situazione, a dir poco confusa, è roba da scommesse. Non solo: c’è da decidere se candidare consiglieri uscenti indagati (e come glielo spiegano agli elettori, soprattutto quelli delle primarie, visto che la Barracciu per lo stesso motivo è stata silurata?) e a chi allargare l’alleanza nell’ottica di un’inclusione che, però, si scontra ovviamente con esigenze personali e di partiti, mentre da Michela Murgia arrivano attacchi a ripetizione.
La sfida di Pigliaru. “Prepariamoci per il futuro, sconfiggiamo la demagogia del centrodestra – scrive sul suo profilo Facebook – Ringrazio tutti per l’entusiasmo e la grande fiducia che mi avete fatto sentire in queste ore. C’è da lavorare moltissimo, e lo stiamo facendo ma per fortuna non partiamo da zero. Il mio impegno – continua Pigliaru – è portare davanti agli elettori la migliore proposta possibile per il governo della Sardegna: una proposta credibile, che ci metta al riparo dalla pericolosa demagogia del centro-destra, che ci consenta di ritrovare fiducia nella nostra capacità di gestire le emergenze e allo stesso tempo di prepararci per il futuro. E’ una sfida difficile, ma mobilitando le nostre migliori energie e le nostre migliori competenze ce la faremo”.
Il caso Psd’Az. Che fra loro non ci sia una linea comune si era capito a Tramatza sabato, quando il presidente Giacomo Sanna aveva detto che il discorso con il centrosinistra era chiuso e dunque bisognava guardare nuovamente al centrodestra e il segretario Giovanni Colli lo aveva smentito su tutta la linea dicendo che, invece, il discorso col centrosinistra bisognava tenerlo aperto. Il Pd ha innalzato una serie di paletti, dice che le porte sono aperte ma non a chi ha governato col centrodestra e invita a un confronto sui programmi. Intanto, l’ex assessore Christian Solinas vuole andare a tutti i costi col centrodestra, temendo che dall’altra parte le porte siano chiuse in quanto indagato pure lui. Peccato che due consiglieri uscenti del Pd, Franco Sabatini e Gavino Manca, entrambi indagati chiedano al partito di potersi ricandidare per la terza volta. Anche Giacomo Sanna fa rotta verso Cappellacci: dovessero spaccarsi, ognuna delle due fazioni varrebbe si e no l’1%, compatti potrebbero arrivare al 3% che non è tantissimo ma è pur sempre fieno in cascina. Una netta apertura, invece, è arrivata agli autonomisti addirittura da oltre Tirreno, da Stefano Bonaccini, un altro degli emissari di Renzi: in questo momento, per il Pd che è riuscito a uscire da una situazione disperata, la stampella romana è indispensabile.
La Murgia a testa bassa La stima personale quella c’è, per Pigliaru. Ma finisce lì. La scrittrice accusa i democratici di affidarsi a un economista tecnico “quando le cose si mettono male” esattamente come hanno fatto con Monti “e i risultati purtroppo li conosciamo. La nomina di Pigliaru, consumata in spregio alle primarie – dice la Murgia – è una foglia di fico, ma l’onestà di uno non basta a far dimenticare che quello è un partito con 33 indagati per peculato. Lo useranno finché gli occorre, poi ne faranno scempio come con Soru e Barracciu. La Sardegna non è più quella di otto anni fa: merita ben altre risposte”.











