Il governo ha ufficializzato l’impugnazione della legge regionale sarda sulla riorganizzazione della sanità, approvata a marzo dal consiglio regionale e voluta fortemente dalla presidente Alessandra Todde. Il provvedimento, che prevede il commissariamento dei vertici delle aziende sanitarie locali, è stato ritenuto incostituzionale dal consiglio dei ministri, su proposta del ministero della Salute.
Secondo Palazzo Chigi, la norma viola i principi fondamentali della tutela della salute e introduce una forma di spoils system già censurata in passato dalla Corte Costituzionale. Il cuore del problema è la decadenza automatica dei dirigenti sanitari, ritenuta lesiva del principio di continuità amministrativa.
La reazione della governatrice non si è fatta attendere. “È un attacco politico travestito da rilievo tecnico – ha dichiarato Todde –. Difenderemo le prerogative della Regione e la nostra autonomia in tutte le sedi. La sanità sarda ha bisogno di un cambio di passo e noi andremo avanti”.
Durissimo anche il commento del senatore Ettore Licheri (M5S): “Per il governo, l’autonomia differenziata va bene solo se la esercitano le Regioni di centrodestra. Le altre devono restare in silenzio”.
A gelare il clima all’interno della maggioranza è però il silenzio del Partito Democratico. Dopo aver disertato la giunta in cui si è deciso il commissariamento, i vertici regionali del partito – il segretario Piero Comandini e il capogruppo Roberto Deriu – hanno scelto di non commentare pubblicamente l’impugnazione, in attesa del vertice di maggioranza convocato nel pomeriggio dalla presidente.
Un silenzio pesante, che conferma le fratture interne al “campo largo” e alimenta l’impressione che sulla sanità si stia giocando una delle partite politiche più delicate della legislatura.
Nel frattempo, Forza Italia in Consiglio regionale ha definito l’impugnazione “una morte annunciata” e attacca la legge come “un provvedimento giuridicamente, tecnicamente e politicamente fragile”. Il gruppo azzurro chiede chiarimenti e mette in guardia: se la legge sarà dichiarata incostituzionale, il danno per le aziende sanitarie e per i cittadini potrebbe essere grave e immediato.