Cagliari città sempre più multietnica, multiculturale e multireligiosa. Un po’ in tutti i rioni, ma soprattutto in quello portuale della Marina, dove si mischiano alla perfezione culture e storie di vita da tutto il mondo. La comunità musulmana è in pieno Ramadan, per i prossimi trenta giorni digiuno dalla mattina alla sera e preghiere. Ieri, il presidente dell’associazione islamica cagliaritana, il 38enne Rabiul Islam, ha chiesto “una nuova moschea e, soprattutto, un grande cimitero”. Già, perché in città uno spazio per seppellire i defunti di fede musulmana, nei fatti, non c’è. A San Michele c’è un’area per tumulare chi non è cattolico, null’altro. E l’esigenza di non spendere cifre da capogiro per riportare la salma del caro estinto sino al paese d’origine si fa sentire tra chi vive e lavora da anni in città.
Ali Hazrat ha 45 anni, viene dal Bangladesh e, “da quindici anni”, gestisce un negozio di souvenir alla Marina: “Ho una moglie e due figli, un maschio e una femmina. Il cimitero per noi musulmani è importante, serve davvero. Ho già sentito altre persone e anche loro concordano. Cagliari è una città molto bella e tollerante, da quando sono qui non ho mai pensato di andare da nessun’altra parte”, dice, sorridente, Ali. Un altro straniero che lavora e vive nei vicoli portuali cagliaritani è il 38enne Hossain Shahadat: “Ho lavorato anche nel settore della bigiotteria. Frequento lo spazio di via XX Settembre, e anche per me è necessaria la creazione di un cimitero per noi muslims, quando uno di noi muore siamo costretti a riportarlo sino al suo paese e ciò ha un costo, non va bene. Qui a Cagliari tutte le persone, sin da quando sono arrivato, sono state brave ed oneste. Mia moglie è ancora in Bangladesh, spero di poterla far venire a vivere qui insieme a me”.











