Mille euro al mese sono troppo pochi o sufficienti per 7 ore e mezza di lavoro al giorno, con un break di 24 ore ogni settimana? Per una giovane 30enne è come essere schiavi, ed è libera di rifiutare. Chi però “manda avanti le baracche”, cioè i baristi, accolgono solo parzialmente la lamentela della ragazza e fanno tutta una serie di distinguo. Soprattutto a Cagliari, regno delle caffetterie (impossibile camminare per più di cinque minuti senza incrociare l’insegna di un bar). Il concetto, visto dall’altra parte del bancone, cioè dagli imprenditori, è semplice: la paga può essere più alta e si deve definire col consulente del lavoro, ma contano le capacità. Rosario Buonanno gestisce una caffetteria in piazza San Benedetto e ha tre dipendenti: “Da me prendono anche 1400 o 1600 euro con il rateo di tredicesima, quattordicesima, permessi e ferie. Quaranta ore settimanali, nemmeno un minuto in più”, giura il barista: “A volte è capitato che mi sia arrabbiato perchè magari non ripulivano i tavolini o il bancone. Mille euro non è una buona paga ma, se si è arrivati a tariffe simili, è perchè i giovani sbagliano ad accontentarsi”. Tanto più ora che il reddito di cittadinanza è destinato a scomparire. “Chi si accontenta lavora il mercato in generale”.
Altro barista cagliaritano, Flavio Marcis. Ha macinato tanti chilometri e intere e interminabili giornate di lavoro per svoltare nella grande città. Di origini desulesi, è netto: “Lo stipendio si bada sulle tabelle sindacali e fornite dal consulente. È purtroppo vero che all’inizio i baristi costano un sacco di soldi, più la formazione. Meno sai più io devo dedicarti del tempo e toglierlo, quindi, da cose più importanti”, afferma Marcis. “Oggi una buona paga è anche di 1200 o 1300 euro al mese, ma tenendo conto dell’esperienza e del livello raggiunto. Uno non può pretendere sin da subito simili cifre. Il nostro è, come tutti, un lavoro pesante che però porta a grosse soddisfazioni, e va fatto non per il denaro ma per la passione”. Insomma, la benzina che spinge uno o una a servire caffè e spremute, brioche e tramezzini e paste e pizzette sfoglia deve essere la gioia stessa di essere un barista, mettendo in secondo piano l’aspetto prettamente venale: “Nel nostro settore c’è ancora troppa improvvisazione. Il barista fa un lavoro delicatissimo, deve somministrare cibi e alimenti e, se non infonde sicurezza al cliente, quello se ne va e l’hai perso per sempre”.











