Parte la guerra agli abusivi del ballo: Silb (sindacato dei locali da ballo) e Fipe Confcommercio incontreranno l’Anci per trovare una linea comune e chiedere alla Regione una normativa valida in tutta l’isola per la regolamentazione di orari e tipo di attività proposte dai locali. Lo anticipa Piero Muresu, presidente del Silb Sardegna, il sindacato dei locali da ballo. “Abbiamo fatto una riunione con Fipe Confcommercio, insieme gestiamo il 90% dei locali dell’isola, stiamo lavorando insieme a una norma da proporre alla regione per mettere paletti sul tipo di attività proposta dai vari locali. L’obiettivo è quello di frenare l’abusivismo, in cui navigano i pescecani e fanno danno a tutti. Nei prossimi giorni ci consulteremo con Anci e poi avanzeremo le nostre richieste alla regione. Il nostro obiettivo – conclude Muresu – è una unica ordinanza regionale con regole chiare: solo così si può combattere l’abusivismo, e da questo dipende la nostra possibilità di esistere o scomparire”.
Per quanto riguarda la riapertura delle discoteche al 35% Muresu dice che “è uno spiraglio di luce dopo tanto buio, finalmente ci danno il via libera per ballare. Ma è solo un piccolo passo, che costerà ancora una volta molto caro ai gestori dei locali medi e piccoli che in Sardegna sono il 70%. In Sardegna -spiega – sette locali su 10 possono ospitare fra 150 e 300 persone. E’ chiaro che, se rimangono questi parametri, chi apre non rientra nelle spese. La discoteca non è un bar, serve molto personale in più a cominciare dall’animazione, e diventa complicato gestirla economicamente con così pochi clienti”. Ma Muresu rivolge anche un appello al governo. “Ci aspettiamo più coraggio sulle discoteche, che si arrivi almeno al 50% della capienza consentita. Siamo gli ultimi a riaprire e lo facciamo con un sistema di controlli assolutamente stringente: oltre al green pass, dobbiamo dotarci di un nuovo sistema di ventilazione, bicchieri monouso, sterilizzazione continua degli ambienti. Invece ci sono decine di locali abusivi che non vengono mai controllati”.
Secondo Muresu, la chiusura delle discoteche in Sardegna ha causato un danno di una decina di milioni euro, con ripercussioni enormi anche sulla forza lavoro abitualmente reclutata per la stagione estiva. “La maggior parte dei locali da ballo, a cui era consentito di aprire solo per aperitivi e cene, la scorsa estate è rimasta chiusa. Alcuni hanno aperto in Costa Smeralda, quelli che propongono tavoli a prezzi esorbitanti e quindi non hanno problemi a coprire i costi, ma tutti gli altri hanno tenuto chiuso: in tutta la Sardegna ha aperto non più del 20% dei locali da ballo. Del resto, consentire l’ingresso in discoteca e imporre di non ballare è come far entrare al ristorante e dire di non mangiare”, conclude Muresu.











