Saranno stati poche centinaia i tifosi rossoblù che domenica, in occasione della gara contro il Genoa, hanno assistito alla partita dalla Curva Sud. Un’immagine sconfortante, che nemmeno un incontro di serie B o C. Che fine hanno fatto tutti quelli che popolavano la curva poco più di una settimana addietro quando i rossoblù fronteggiavano il Milan? Ma soprattutto, dove sono coloro i quali, quando c’erano 5.000 o 12.000 posti disponibili, si lamentavano di non avere la possibilità di andare allo stadio?
Pardon, ci siamo completamente dimenticati che esistono le cosiddette gare “di cartello” e altre che vengono letteralmente snobbate. Non dalla Curva Nord, per carità, nella quale siedono (anzi stanno in piedi a cantare) i supporters affezionati che sostengono la squadra in ogni match casalingo, bensì dagli altri settori. Gran parte dei tifosi, infatti, sceglie di assistere alla partita comodamente da casa, optando per le pay tv oppure ricorrendo allo streaming sul web.
Tommaso Giulini, presidente rossoblù, è un imprenditore, e da buon imprenditore è chiamato a fare dei calcoli e delle valutazioni alla luce di tali numeri, che non rispecchiano certo la passione del tifo cagliaritano. Dopo aver avuto risposte poco confortanti in sede di campagna abbonamenti (si attendeva circa 6.000 abbonati), egli si è impegnato, grazie anche al supporto economico di Sky, a costruire la curva sud, per raggiungere la tanto agognata quota 16.000. E dopo essere stato piacevolmente sorpreso dall’affetto dimostrato (era comunque prevedibile) nella partita contro il Milan, è ritornato sulla “terra”: il risultato è stato un totale di appena 8.000 spettatori contro il Genoa. Per intenderci, peggio nell’undicesima giornata ha fatto solamente il Chievo contro la Lazio, con 5.000 spettatori al Bentegodi. Non si dimentichi però che Chievo è un quartiere di Verona.
Potessimo definirlo “benefattore” e non “imprenditore”, allora ci aspetteremmo da Giulini uno stadio nuovo in tempi rapidi. Ma trattasi appunto di un imprenditore, chiamato dunque ad investire e ad auspicare un tornaconto economico, che possa divenire profitto, come possiamo attenderci un impianto all’avanguardia, capace di essere vissuto almeno 200 giorni l’anno, se non si riesce a garantire una presenza media di 15.000 persone, come minimo? Risulta, infatti, complesso fare programmi a lungo termine.
Meditiamo, ed evitiamo di trovare giustificazioni come la crisi economica, pure fortissima in Sardegna ma che c’era anche nella metà degli anni ’80, quando 60.000 spettatori sospinsero la compagine sarda ad evitare la retrocessione in C, in quel Cagliari-Vicenza terminato 1-0 grazie alla rete di Piras. Ritorneranno quei tempi? Tutti lo sperano, ma intanto si potrebbe cominciare ad andare allo stadio sempre, invece di lasciarsi etichettare come tifosi da “divano” o da “tastiera”.













