L’occasione l’ha avuta, nell’ultima uscita pubblica nella Cagliari che ha amministrato negli ultimi cinque anni prima del voto delle Regionali, Paolo Truzzu, per rispondere a chi gli chiede di dire qualcosa contro il fascismo e, di rimbalzo, il suo passato, fatto di militanza dai tempi del Fuan sino ad Atreju e di politica portata in curva negli anni Novanta, tra slogan e saluti romani durante le partite del Cagliari. Paolo Truzzu non fa nessun passo indietro sulla polemica legata alle richieste, arrivate non solo dai suoi avversari politici, di dire chiaramente se è antifascista: “Quando in campagna elettorale un candidato attacca l’altro è quello che rincorre e no ha argomenti. Non ho l’abitudine di mettermi a denigrare i miei avversari, il consenso si recupera sulle idee, proponendo ai cittadini una visione di terra e comunità. Non mi sembra di aver mai fatto comunicati contro Soru e Todde”. Una risposta, un modo di buttarla tutta in campagna elettorale che è solo una conferma di quel “no agli ismi”, generico, detto da Truzzu già qualche mese fa. “Abbiamo visioni differenti su diversi temi e rimango sulle visioni differenti, ma non parlo male dei miei avversari”. Una risposta più democristiana che altro, probabilmente anche sfuggente rispetto al tema principale, cioè essere o non essere, nel 2024, fascisti, condannare o non condannare un lungo periodo buio di tutta l’Italia.
Paolo Truzzu non aveva risposto, tre giorni fa, agli inviati di Piazzapulita di La7, rifugiandosi in auto dopo il comizio di Giorgia Meloni alla Fiera. E quel “no, non sono fascista” che si aspettavano di sentire, forse, anche alcuni suoi alleati politici più vicini al centro, resta al momento un miraggio.









