Giallo sulla farmacia comunale di Sestu, sono sparite le medicine. Esplode la polemica in consiglio comunale con un duro intervento di Anna Crisponi: “In questi ultimi tempi la farmacia comunale è al centro del dibattito, pochi giorni fa per un incarico di consulenza scandaloso e inutile (un importo di 15.000,00 con affidamento diretto, pratica censurata pesantemente dall’autorità anticorruzione) e oggi per le notizie del bilancio 2014 in passivo a causa di un errato conteggio del magazzino.
La giunta Secci ha praticamente deciso di liquidare la società (30% di proprietà dei farmacisti, 70% del comune di Sestu), una scelta sciagurata da ogni punto di vista. Per la farmacia comunale (che è una società di capitali) valgono le prescrizioni del Codice Civile e quelle contenute nelle diverse leggi di stabilità tenendo conto che è una partecipata “speciale” in quanto svolge un servizio di pubblica utilità e i costi di gestione sono più alti rispetto a una farmacia privata. Inoltre il comune (socio di maggioranza) non persegue fini di lucro: per questa ragione non esiste alcun obbligo di liquidazione per 3 annualità in passivo, nel modo più assoluto.
Criticità che hanno determinato i passivi nei bilanci degli ultimi 3 anni:
1) Canone troppo alto; il comune può tranquillamente ridiscutere il canone portandolo a livelli minimi (intorno ai 90.000 euro invece dei 130.000 attuali) che è una cifra congrua che consente alla società di ripianare l’arretrato.
2) Elevato costo del personale; malgrado 2 dei 3 soci privati con grande sacrificio personale e senso di responsabilità verso la società si siano auto-ridotti lo stipendio per l’annualità 2014, così come l’amministratrice dott.ssa Nocera, il costo del personale risulta eccessivo se commisurato al fatturato. Anche qui come per il canone di affitto bisogna rivedere il contratto fatto inizialmente che impedisce una rimodulazione efficace degli stipendi dei dipendenti (ad esempio garantendo un fisso e vincolando la quota variabile a un risultato economico aziendale).
3) Lavorazioni esternalizzate (risolto a partire dal 2013).
4) Quantificazione sovrastimata delle giacenze di magazzino: negli anni passati, malgrado la richiesta fatta dalla nuova amministratrice, la valutazione veniva fatta utilizzando le risultanze contabili. Lo scorso anno, su iniziativa dell’amministratrice, si è affidato il censimento fisico del magazzino a una società esterna che il 31 gennaio 2015 ha impegnato nel lavoro 10 persone. Il risultato ha rideterminato il valore notevolmente al ribasso, questo per vari fattori: modalità di registrazione del valore delle merci (prezzo di vendita piuttosto che d’acquisto), materiale il cui valore era svalutato e altre cause che è opportuno accertare con estremo rigore. Questa ricognizione ha pregiudicato la chiusura in attivo del bilancio 2014.
5) Lavori di ristrutturazione dell’immobile non concordati preventivamente con il comune il cui costo non è stato riconosciuto pur avendo migliorato il valore di un bene comunale. Si potrebbe fare una perizia e accertare il valore del lavoro fatto, mettendolo a compensazione di una parte del credito vantato dal comune.
6) Contrazione del fatturato di circa 700.000,00 euro per l’apertura delle nuove farmacie e di varie parafarmacie mantenendo lo stesso livello occupazionale.
Bisogna ricordare che il comune, a fronte di 35.000,00 di investimento iniziale, dal 2006 ha incassato 948.710,00 euro solo in conto canoni che sono somme fuori patto di stabilità, quindi spendibili a vantaggio di tutti i sestesi; inoltre si ritrova uno stabile parzialmente ristrutturato, cosa che a causa dei vincoli della finanza pubblica non sarebbe riuscito a fare direttamente.
Il comune è creditore di 3 annualità (2010, 2011, 2012) per un totale 363.281,00 euro + IVA, negli ultimi due anni ha però incassato 366.000,00 euro (rimanenze 2008, 2011, saldo 2013, 2014, 2015), segno che la farmacia è in grado di far fronte ai propri impegni.
Cosa fare:
1) Procedere immediatamente alla ricostituzione del capitale, per questo sono stati già impegnati 125.000 euro nel consuntivo 2013 e mancano poche decine di migliaia di euro; bisogna considerare che a quel punto la cifra torna al comune, è una sorta di partita di giro ad abbattimento del debito.
2) Ricontrattare il canone d’affitto che adesso è troppo alto, operazione che proprio in funzione della particolare natura giuridica della farmacia può essere fatta direttamente fra committente (il comune) e società (srl a capitale misto 30% privato e 70% pubblico);
3) Ridefinire il contratto di lavoro dei dipendenti;
4) Riconoscere il valore della ristrutturazione;
5) Affidare la farmacia a un amministratore coscienzioso (quale si è dimostrata la dott.ssa Nocera);
6) Esercitare in modo stringente il controllo analogo da parte degli uffici comunali (già vigente) e il ruolo di indirizzo e di controllo (di giunta e consiglio).
Quello che non bisogna assolutamente fare (come sta invece decidendo la giunta Secci) è mettere in liquidazione la farmacia comunale:
• farlo significa metterla subito in sofferenza (zero credito per l’acquisto dei farmaci);
• non rientrare nei crediti (l’acquirente non si accollerà certo i canoni non pagati!);
• rinunciare a un’entrata diretta che mette a disposizione fondi spendibili per investimenti (con il pareggio di bilancio il comune sarà praticamente paralizzato!);
• mettere in difficoltà 7 dipendenti e le loro famiglie;
• dilapidare un patrimonio pubblico di Sestu.
E’ quanto mai opportuno attuare e portare a termine il piano industriale redatto dall’amministratrice che risulta in grado di dare una prospettiva positiva alla farmacia, che è un’azienda valida ed è in grado di svolgere il servizio che la comunità si aspetta.
Ora la politica deve dimostrare coraggio e assumersi le sue responsabilità, non possono essere consulenze o funzionari a decidere di un bene che è di tutta la comunità di Sestu.
Noi siamo pronti, lo sarà la giunta Secci? Lo speriamo”.












