L’attrazione esercitata da quella notifica rossa a forma di campanella pare quasi irresistibile. E come trattenersi dallo sbirciare le ultime storie dei propri contatti su Instagram? Ci vuole forza di volontà per dire no a un refresh degli ultimi tweet, per non aggiornare il proprio status su Facebook. Ma quegli stessi social network che inondiamo di gioie, frustrazioni e speranze possono facilmente costare il posto di lavoro. Attenzione è la parola d’ordine: le precauzioni per non incappare in qualche sanzione disciplinare, o peggio nel licenziamento, non sono mai troppe.
Facebook aperto al lavoro? Meglio di no
La sentenza della Cassazione sul caso della donna di Brescialicenziata per aver usato Facebook in ufficio ha riportato alla luce l’inconciliabilità tra essere sul posto di lavoro e usare i social network. Situazioni del genere, però, sono “le più semplici e banali” da dirimere, spiega all’Agi l’avvocato Aldo Bottini, presidente dell’associazione Avvocati Giuslavoristi Italiani. Il motivo? In casi simili “l’impiegato, pagato per lavorare e non per fare altro, sottrae del tempo all’attività professionale” e per questo motivo può essere ripreso dal datore di lavoro.
La donna bresciana, segretaria part-time in uno studio medico, avrebbe effettuato 4.500 accessi a Facebook, in orario di lavoro, nell’arco di un anno e mezzo. Ma secondo Bottini “non sarebbe stato molto diverso se l’impiegata fosse stata al telefono”. La questione, insomma, riguarda la sottrazione di tempo all’impiego più che l’utilizzo del social: la discriminante, in questi casi, è quantitativa: “È ovviamente diverso se si tratta di cinque minuti o di due ore al giorno”.
Prima di scrivere qualcosa di negativo, pensaci
Se farsi beccare su Facebook dal capo o dal vicino di scrivania è chiaramente sconveniente, i guai per la propria carriera possono nascondersi anche altrove: nei contenuti pubblicati online. “Spesso sui social la gente scrive senza filtro, come se fosse al bar con un amico – commenta Bottini – Non di rado abbiamo a che fare con cause di licenziamenti, o provvedimenti disciplinari, nei confronti di persone che hanno postato frasi offensive o discriminatorie su colleghi, superiori o a proposito dell’azienda, anche fuori dall’orario di lavoro”.
Continua qui la lettura sul sito dell’Agi: https://www.agi.it/cronaca/licenziamento_in_tronco_uso_social-5117969/news/2019-03-09/













