Grande successo per la mostra “Eurasia” a Palazzo di Città. Sono stati infatti tanti i visitatori – cagliaritani e turisti stranieri – che hanno approfittato della calda mattinata per visitare una mostra che, a giudicare dalla mole di pubblicità anche a livello nazionale, si preannunciava come l’evento culturale di inizio anno, “volto a intrecciare rapporti internazionali e riaffermare la centralità di Cagliari e della Sardegna nelle relazioni e negli scambi culturali tra l’Europa e le sponde del Mediterraneo”.
E indubbiamente i reperti esposti parlano da soli: oggetti provenienti dai principali musei isolani, da prestiti italiani e soprattutto dalle collezioni del Museo Ermitage di San Pietroburgo. 477 reperti, suddivisi in quattro sezioni tematiche, per raccontare i flussi culturali tra l’Asia e l’Europa dal neolitico al primo millennio A.C.. Bronzetti nuragici, asce in pietra levigata, statuette di dee madri, vasellame e gioielli di inestimabile valore.
Eppure, l’impressione che si ha una volta usciti dal Palazzo di Città è di una mostra confusa, in cui vengono accostati oggetti separati da millenni di storia, in un calderone – per quanto bello e affascinante – che appiattisce le diversità e le peculiarità dei singoli oggetti e relative culture in nome di una ingannevole “globalizzazione” della rivoluzione neolitica. Il visitatore poco informato è portato a credere che il flusso di idee e innovazioni sia avvenuto in tempi brevi in aree geografiche molto distanti; poco o niente si percepisce dei profondi mutamenti sociali, religiosi e linguistici che cambiarono l’aspetto delle popolazioni europee, e che in ultima fase e con estremo ritardo raggiunsero la Sardegna. Colpisce anche l’assenza di un vero catalogo, la mancanza di indicazioni in lingua inglese per ogni pezzo esposto, per una mostra che nelle intenzioni degli organizzatori Marco Minoja e Anna Maria Montaldo mira a far riscoprire la centralità di Cagliari agli stranieri. Cagliari Capitale della Cultura, sì, ma per i sardi.













