Delibere manomesse, approvate ma poi modificate prima della pubblicazione online. Liti in giunta, con vere e proprie prove di forza e ripicche per scegliere uno o l’altro nome da piazzare a capo di enti pubblici o agenzie. Concorsi manipolati facendo filtrare in anticipo le domande e nomine drogate da indicazioni anche del mondo imprenditoriale. Un sistema di potere spregiudicato che, secondo i magistrati, i 21 indagati nell’inchiesta che da ieri si è abbattuta sulla Regione a guida sardo-leghista avrebbero gestito a vantaggio proprio e di persone vicine, amici e parenti. Con in testa il presidente Christian Solinas, ancora una volta finito nel registro degli indagati, dopo essere stato rinviato a giudizio e dunque essere sotto processo per abuso d’ufficio e dopo l’altra indagine per riciclaggio e corruzione.
Le accuse che in questa nuova inchiesta muove il sostituto procuratore di Cagliari Andrea Vacca sono corruzione, abuso d’ufficio e induzione indebita, a vario titolo. Le indagini, fatto curioso visto che i fatti si sono svolti a Cagliari, sono state condotte dai carabinieri di Ottana. La posizione più grave è quella dell’assessore dell’Industria, Anita Pili, esponente di Sardegna Venti20, accusata di concorso in corruzione con il presidente di Confindustria Sardegna, Maurizio De Pascale, Emilio Fiorelli (della Maffei Sarda Silicati), Barbara Porru (legale rappresentante società Andesiti Srl), Giancarlo Orrù (amministratore unico della S.I.B Sarda Inerti Basaltic Srl), Nicola Giuliani (assessorato all’Industria). Presidente e vice del “Settore cave e miniere di Confindustria Sardegna” secondo i magistrati hanno cercato di ottenere la nomina di Giuliani a responsabile del Servizio attività estrattive dell’assessorato all’Industria “al fine di instaurare un rapporto paritetico volto al mercimonio dei suoi poteri. De Pascale si faceva poi portatore concreto del messaggio (di Santoru, Porru e Fiorelli) di condizionamento della procedura, direttamente all’assessora dell’Industria Anita Pili”, si legge nel fascicolo dei magistrati.
Dalle ricostruzioni dei magistrati emerge anche il motivo reale, o almeno uno dei motivi, della rottura fra Solinas e la sua ex vicepresidente Alessandra Zedda, esponente di Forza Italia, che si è dimessa dalla giunta a novembre scorso tornando al ruolo di consigliere regionale. Uno strappo avvenuto sulle nomine all’Aspal (l’agenzia per le politiche attive del lavoro). Nell’ordinanza si legge che “dopo la seduta del 28 ottobre 2020 nella quale la Giunta aveva approvato la delibera n. 53/31, l’assessora del Lavoro, Alessandra Zedda, avrebbe riscritto i contenuti della delibera in modo contrario al volere e ai dettami di Solinas e Temussi”, ex direttore dell’Aspal poi passato ad Ats e attuale amministratore delegato di Anpal in merito alla durata dell’incarico di commissario di Aldo Cadau. A quel punto – sempre secondo l’ipotesi del pm – il presidente Solinas, assieme a Massimo Temussi, Silvia Curto e Silvia Cocco avrebbero “boicottato, bloccandola, la pubblicazione della stessa delibera, non ancora pubblicata e resa visibile attraverso il sito istituzionale”. Sempre secondo i magistrati, solo dopo che i quattro – Solinas, Temussi, Curto e Cocco – modificarono la delibera a loro piacimento ma lasciando lasciando inalterato la data e il numero di protocollo, ci fu la pubblicazione.












