“Andando via dalla Clinica Neurologica e dalla Direzione del Dipartimento in Emergenza-Urgenza ho continuato in quelle passioni che se penso a quando ero ragazzo mi ricordano il mio lontano 9 in filosofia al liceo di Olbia che, come diceva quello, è stato tanto tempo fa che non mi sembra neanche vero” – dice sorridendo Francesco Marrosu, Professore di lungo corso della Cattedra di Neurologia e Neurofisiologia Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Cagliari e Direttore della stessa Scuola di Specializzazione nelle suddette materie. Il Professore, in quiescenza dall’Ottobre 2017, vanta una importante carriera anche in qualità di Direttore del reparto di Neurofisiologia e di Clinica Neurologica del Policlinico Universitario di Monserrato e di Direttore del Dipartimento di Emergenze e Urgenze. Oggi dedica il suo impegno nelle Onlus nei Comitati Scientifici e nello studio delle Neuroscienze applicate al Diritto, all’Economia e alla Filosofia. Tantè che questa passione si consolida in un suo primo articolo di ricerca su questo argomento pubblicato nella rivista Frontiers in Sociology, e si intitola “How Individual Habits Fit/Unfit Social Norms: From the Historical Perspective to a Neurobiological Repositioning of an Unresolved Problem” ossia Come le abitudini individuali si adattano o risultano inadatte alle norme sociali: dalla prospettiva storica al riposizionamento neurobiologico di un problema irrisolto. “Questo lavoro è il frutto di una collaborazione di tre anni e di molti seminari con l’amico Giuseppe Lorini, Professore Associato del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Cagliari, che insegna Filosofia del Diritto. Ho sempre seguito incontri e seminari di economisti e giuristi – racconta Marrosu -, il tutto nasce quando mi sono trovato in una sessione in cui i filosofi del diritto avevano organizzato una riunione sulle norme, su come nasce una norma, su come si sviluppa una norma, ecc… Si è partiti da una semplice domanda, cioè, ho chiesto se loro avevano mai considerato il limite “mente e corpo”, in questo caso, nella formulazione di una norma.” Come infatti è spiegato attraverso il lavoro dello studio realizzato, il comportamento degli esseri umani è strettamente supportato da norme sociali che riflettono aspettative condivise su ciò che un particolare contesto sociale considera un comportamento appropriato. Eppure, poco si sa sui processi biologici che determinano come impariamo ad accettare un particolare comportamento sociale come il più appropriato. “Ho fatto allora un esempio – continua il Professore -: c’è un famoso autore di libri dell’orrore, Howard P. Lovecraft, i cui racconti sono catalogati come racconti indicibili. Perché questo, perché Lovecraft usa un metodo molto interessante per suscitare il brivido, non è esplicito.
Lui va sulla possibile deduzione da parte di chi legge o di chi ascolta di quello che potrebbe essere il motivo della sua preoccupazione, del suo orrore o paraterrore. Per esempio, nel racconto La Casa Stregata Lovecraft immagina una persona che entra in una casa misteriosa e quello che vede gli accapona la pelle, non perché vede degli esseri viventi, ma perché vede gli utensili che gli esseri che la abitano, usano: delle sedie enormi, degli oggetti che suppongono che questi esseri abbiano degli arti completamente strani e anormali, deduce che siano alti più o meno tre metri, insomma deduce di esseri viventi orribili di altri mondi.” Cosa c’entra la norma in questo esempio. “C’entra – spiega il Neurologo – perché si pensi che soltanto la regola del sedersi mostra un comportamento similare a quello che assimiliamo nel periodo fetale, con dei limiti, e che quindi riproduciamo dopo la nascita. Ad esempio in un lavoro sviluppato con topini appena nati, importanti per i ricercatori perché riproducono le condizioni che noi esseri umani abbiamo al terzo mese di gestazione, ossia nel passaggio dall’embrione al feto, è stata fatta una registrazione dei muscoli e del cervello di questi animaletti. Si consideri che i topini sono detti anche animali altriciali perché non sentono e non vedono, non hanno questi sensi, ma si muovono, prendono il latte dalle madre ecc.. Da questo studio si è visto che quando l’animale si muove, mappa quel movimento nella sua piccola corteccia che se pur ancora in via di formazione, è funzionante; si registrano dunque dei momenti elettrici cerebrali (“spikes”) che corrispondono ai movimenti che fa il topino. In contemporanea è stato rilevato che il cervello non soltanto registra il movimento, ma registra anche i limiti di questo movimento e quindi i limiti che l’animale ha nel compierlo. Ciò cosa significa ? – evidenzia Marrosu – Vuol dire che noi abbiamo la nostra libertà nei movimenti ma che all’interno di questa libertà noi siamo pur sempre limitati.. non potremo per es. ruotare il collo a 360 gradi come la posseduta de L’Esorcista. Ed è dentro questa libertà con le sue limitazioni che si deve creare tutto il resto. La normatività, come la norma del sedersi in certo modo quindi, si basa sulle rappresentazioni cerebrali codificate dalle possibilità corporee e dai gesti che possiamo fare e che rappresentano la base di qualsiasi struttura che definisca l’abitudine, ossia la regola personale di ognuno di noi. Più abitudini devono possedere in una Società una matrice interindividuale che per appunto deve essere rappresentata dalle Norme, ossia da delle regole che sottendono compiti e doveri; dobbiamo cioè ottemperare a quella cosa superiore che è appunto la Norma, croce e delizia delle più brillanti menti, da Hobbes a Kant, per citare i nostri ricordi liceali. Tutti questi aspetti comportamentali entrano dentro un meccanismo di tipo neurofisiologico. Le abitudini – precisa il Professore – si stratificano con i gesti, i gesti sono a un livello molto basso, semiautomatico; qui citiamo William James, un famoso psicologo dell’800 che ha fondato la psicologia negli Stati Uniti. James fa l’esempio del pianista bambino che suonando sulla tastiera del pianoforte si osserva i movimenti delle dita e delle mani, dopodiché si evolve, diventa un virtuoso, e subentra in lui l’interpretazione della melodia, cioè la parte più elevata una volta che con la pratica si è liberato dalla routine, dai dettagli tecnici. Lo psicologo ipotizza dunque che un’abitudine è caratterizzata da una serie di azioni concatenate e determinate dall’attivazione sequenziale di aree cerebrali peculiari che possiedono un’affinità di intenti. La routine si sviluppa sotto la corteccia, viene fatta con poco livello di corteccia e molto livello di tutti quelli che sono i circuiti dei gesti, che sono i circuiti più bassi. Ovviamente comprendono il cervelletto, i gangli della base, cioè strutture che obbediscono a dinamiche prevedibili ma che fanno parte di dinamiche non lineari della corteccia che esprime la nostra creatività. Quello che succede con la Norma – spiega il Neurologo -, rispetto all’abitudine, è un attraversamento di aree “più sociali”, quelle aree cioè che hanno implicazioni nel collaborare con gli altri, che sviluppano il senso della nostra morale calibrata per e nella società in cui viviamo e che si basa su questo “contratto sociale”, per dirla alla Rousseau. Stipulando questo contratto sociale con l’altra persona, nella genealogia della morale come la intendiamo oggi, si pensa, secondo alcuni studiosi che qualcosa come 400 mila anni fa sia cominciato questo singolare processo. Si pensa che questo processo abbia cominciato quando gli uomini si sono messi a cacciare gli animali grossi con obbligatorie compagnie di congeneri. Presto questi partner sono stati spontaneamente l’un l’altro investiti di una diretta responsabilità delle proprie azioni nei confronti dell’altro/altri. Questo schema si e’ lentamente evoluto in norme, perfezionato nel linguaggio e quindi codificato in modo esteso nelle piccole comunità, tribù e… finalmente in modo scritto, trasformato in legge e diritto nelle Città, Stato ecc. La struttura della morale così intesa (anche se in fondo si tratta di un interessante esperimento mentale) – conclude – , non può prescindere dalla sua codifica nei circuiti cerebrali, così come queste strutture devono essere interessate alle violazioni delle norme. In entrambe le situazioni si passa da una norma individuale, le abitudini (“habits” nello studio di Lorini e mio), a quelle sociali (Norme e Leggi) che hanno un preciso imprinting nei circuiti cerebrali superiori delle aree prefrontali. La lesione di queste aree può avvenire a vari livelli: in modalità di macroscala, ad es. nei tumori, in certe forme di demenza ecc… oppure, come nel caso delle dipendenze (droghe, gioco d’azzardo ecc.) attraverso alterazioni a livello di meso e microscala (modificata dinamica di neurotrasmissione soprattutto di mediatori come la dopamina e la serotonina). Questa descrizione e’ in sintesi (si tratta di una ventina di pagine nell’originale) il riassunto del lavoro fatto. Richiesto su cosa intende fare adesso Francesco Marrosu mi dice sorridendo che lui e Lorini stanno considerando la possibilità di studiare analogamente le norme senza norme, ossia quelle procedure non scritte che vengono pero’ rispettate dalla comunità. “Certo – aggiunge Marrosu – i meccanismi di queste regole pensiamo che debbano essere potentemente radicate e che un tale studio dovrebbe essere ben corredato da discipline collaterali. Sono stato sempre attratto da quelle che si chiamano adesso contaminazioni… ma io sostituirei questo brutto termine con quello più battagliero di incursioni su territori non strettamente in apparenza connessi con la mia materia – conclude -, si tratta in fondo di una tendenza spontanea e molto comune; la conoscenza deve essere riportata alla sua componente ludica, all’Homo Ludens del filosofo Huizinga che fa cominciare le cose più serie col gusto del giocare ed il gioco appunto… chiedetelo ai bambini… ha Norme serissime”. Valide anche in pensione? Chiedo io. “Soprattutto allora”, risponde divertito il Prof.
Elisabetta Caredda











