Sfidano il Covid-19 tutti i giorni: ma molti lo fanno senza i Dpi, i dispositivi di protezione individuale come le mascherine, i camici, ecc. E rischiano di ammalarsi e di contagiare poi a loro a volta altri pazienti. Una situazione esplosiva quella degli ospedali sardi. E ora i medici, dopo il moltiplicarsi dei contagi nelle strutture sanitarie regionali, scrivono un esposto alla Procura della Repubblica di Cagliari, ipotizzando la violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’esposto-segnalazione “su mancanza di Dpi per il personale sanitario operante in condizioni di emergenza epidemiologica da Covid-19, è firmato da Maria Elisabetta Piu, segretario regionale dell’Anaao-Assomed, l’associazione dei Medici dirigenti. I medici sardi, in conseguenza dell’evolversi della situazione epidemiologica e del drammatico incremento di casi su tutto il territorio nazionale e in Sardegna, lavorano incessantemente per far fronte all’emergenza, entrando quotidianamente in contatto con pazienti infetti e potenzialmente infetti.
E ora chiedono che vengano rispettate le norme in materia di sicurezza sul lavoro, non solo per tutelare il diritto alla salute di chi lavora negli ospedali, ma anche per evitare che proprio i luoghi adibiti alla cura si trasformino in un potente strumento di diffusione del virus.
Secondo la circolare del Ministero della salute, il personale sanitario in contatto con un caso sospetto o confermato di Covid-19 deve indossare dispositivi adeguati: filtranti respiratori FFP2 (o FFP3 per le procedure che generano aerosol), protezione facciale, camice impermeabile a maniche lunghe e guanti e rispettare precise prescrizioni.
Ma in Sardegna, denunciano i medici, “la situazione concreta che si vive nelle strutture sanitarie sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, tuttavia, non è nemmeno vicina a quella che sarebbe richiesta dalle descritte normative: la scarsità delle specifiche mascherine con i filtranti respiratori e delle protezioni per gli occhi, il divieto di indossare tali dispositivi, ove posseduti, negli spazi comuni per evitare l’allarme del pubblico, fanno sì che la stragrande maggioranza del personale non sia adeguatamente protetto. A peggiorare il già critico quadro designato, si aggiunge il fatto che, considerata la scarsità di tamponi nasofaringei, non è possibile testare il personale sanitario entrato a contatto col virus, con la conseguenza che quanti hanno effettivamente contratto il virus, non adeguatamente equipaggiati, continuano a lavorare da infetti, con conseguente, esponenziale aumento del rischio clinico per gli stessi e per i pazienti con cui entrano in contatto”.
La circolare ministeriale richiama poi l’attenzione sulla necessità di assicurare la formazione del personale sanitario sulle corrette metodologie per indossare e rimuovere mascherine, ecc: ma “attualmente tale importante know how è lasciato quasi totalmente al buon senso dei singoli operatori e ai consigli estemporanei tra colleghi. Le riferite circostanze conservano la loro estrema gravità malgrado la più recente decretazione d’urgenza”.
L’esposto denuncia anche che molti medici delle terapie intensive e del sistema 118 sardi operano sprovvisti di maschere FFP3 “fatto gravissimo” e alcuni reparti hanno lamentato perfino la carenza di mascherine chirurgiche.
I sindacati dei medici chiedono di valutare se nella situazione in cui sono costretti a lavorare gli operatori sanitari, si possa ravvisare la violazione delle norme in materia di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, “riconducendo, ove possibile, la situazione lavorativa alla legalità a garanzia della salute non solo degli operatori sanitari, ma dell’intera salute pubblica”.












