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Conte-Grillo e l’infinito psicodramma dei 5 stelle diventati quello che dicevano di non voler essere

di Sara Panarelli
1 Luglio 2021
in il-diavolo-sulla-sella, rubriche

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Come quando la coppia scoppia e va in frantumi e amici e parenti sono lì, ognuno sicuro di potercela fare, a provare a riattaccare i cocci mentre i due malcapitati rivendicano ognuno le proprie ragioni. Si prova, si riprova, si cuce e si ripara. Ma tant’è: sempre di rammendi si tratta. O di minestra riscaldata, ce l’hanno insegnato da piccoli che sì, va mangiata ma non è tutto sto granché. Il Movimento 5 Stelle oggi è un monumento alla rievocazione, al vorrei ma non posso, alla ricerca dell’identità perduta e che mai più sarà ritrovata. Al fallimento di un’idea e di un progetto. Coerenza, principi, coesione, identità. Dignità e coraggio. Tutto sacrificato alle lusinghe del palazzo. Perché diciamolo: parlamentari, ministri, presidenti ed ex vicepremier, ma quando mai potrebbero rinunciare a quello che hanno raggiunto per il bene del Movimento e della base che a gran voce chiede di tornare alle origini e recuperare l’identità perduta? Impensabile.

Del resto, non è una novità: quando un partito, un movimento, o qualunque altra cosa sia si imbatte in poltrone e palazzi, non può che abbandonare le ambizioni di lotta a quelle di governo. E’ successo ad Alleanza Nazionale con Gianfranco Fini e a Rifondazione Comunista con Fausto Bertinotti, per far edue esempi relativamente recenti, agli antipodi eppure accomunati dalla stessa sorte: la conquista della poltrona di presidente della Camera ha polverizzato il partito che, di fatto, da loro promanava.

E così i 5 stelle. Dopo la stagione dei vaffa e le scatolette mai aperte di un tonno diventato stantìo, sono lì a provare a capire chi sono senza rendersi conto di essere esattamente quello che sono diventati: un partito dell’apparato istituzionale. Il primo sigillo al mai più revocabile cambio di rotta è stata la cacciata di Casaleggio. Il secondo, la scelta di Giuseppe Conte che, disarcionato dalla comoda poltrona su cui sedeva, è stato nuovamente attirato in un’imboscata, come quella di Renzi, se non peggio. Ma come mai poteva pensare il Movimento di rinascere con Conte e allo stesso tempo rimanere se stesso? Impossibile. Quando Grillo l’ha capito, e ha capito che probabilmente la ritrovata voglia di normalità dei suoi adepti grillini avrebbe messo in discussione la sua leadership, è esploso. Silurando il povero Conte, che non è ancora abbastanza smaliziato sulle strategie più o meno lecite della politica, che pensava di essere fra persone normali in un posto normale. E invece no. Del resto, cosa aspettarsi da un movimento che brandiva la bandiera dello streaming nel nome della trasparenza e poi si è consegnato a un regime dittatoriale dove anche andare in televisione era vietato perché non si corresse il rischio che qualcuno potesse dire ciò che realmente pensava? Una struttura totalmente verticistica, con uno o due uomini soli al comando e tutti a ubbidire e annuire. Nel nome della democrazia, sia chiaro. La fortuna elettorale dei 5 stelle, poi vanificata, è stata intercettare la pancia degli elettori in un momento politico drammatico, come ormai sempre più spesso accade: cittadini scontenti, elettori di più, disposti a tutto, persino ad accettare l’aberrazione del reddito di cittadinanza, pur di avere la speranza che qualcosa potesse cambiare. Ma come si può affidare il cambiamento a chi aspira a diventare come coloro che vuole cambiare?

Ora Conte dice che andrà avanti. Non specifica dove. Va avanti nonostante Grillo? Va avanti per conto suo? Fonda un suo partito? Non è dato al momento sapere, mentre le diplomazie interne si sono freneticamente attivate e addirittura Di Maio è andato in missione a casa dell’avvocato. Ma a fare che?  A dirgli di restare e fare la controfigura sperando che Grillo si tolga presto dalle scatole o a proporgli un’alleanza per far fuori il comico che sognava la politica? Che senso ha convincere Conte a restare dopo le frecce al veleno con cui Grillo l’ha trafitto?

Il Movimento sa bene che consegnandosi a Grillo ne sarà fagocitato. E per questo spera in Conte, percepito come più rassicurante. Conte che, invece, dovrebbe raccogliere quel che resta del suo personale consenso e, se proprio non vuole rassegnarsi al ritorno in cattedra, scappare a inventarsi qualcosa. Lontano, lontanissimo da quei perversi giochi di potere.

Tags: 5 stellecontegrillo
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