A me me piace o blues e i bootlegs. Dal vinile, allo stereo otto, alla cassetta, dal VHS al cd, ritorno al vinile ed infine l’web con il “pirataggio” informatico, che ha un diverso sapore e perde tutta la rara emotività che producevano i dischi pirata. Avere oggi un bootleg dei magici anni 60/70 vuol dire avere un tesoro, il bootleg erano registrazioni pirata in genere live di celebri gruppi e, per chi come noi che al massimo potevamo permetterci qualche film musicale al Cinema Corallo in piazza Michelangelo (allora Piazza Pascoli), un immenso tesoro.
Se la puntina grattava normalmente quando sul piatto girava long playing con i bootlegs sembrava d’essere al concerto fra mixer e casse di pessima qualità, d’esser proprio di fronte al palco durante la kermesse. Il bootleg è una registrazione audio effettuata in forma amatoriale, distribuita non ufficialmente, la marca che ricordo era la “Pig” la Pig Records – che si contraddistingue da un simbolo rosso raffigurante un maiale. Arrivavano dal “continente”, da fuori Sardegna, dai rivenditori che recapitavano i cataloghi a domicilio, fra questi uno aveva sede a Bologna. Una allegria immensa quando arrivava la cedola per il ritiro, non vi erano bus o tram o auto ma un super piedibus che ti portava di corsa nell’ufficio del deposito postale – allora in via Abruzzi – nel primo giorno utile. Può capitare di ascoltare un bootleg con un grande frastuono del pubblico ma anche registrazioni uniche, sono stati e sono a mio parere oggetti di culto e di collezionismo. Lo dichiaro apertamente, senza paura di smentite: “a me me piace o blues e pure o rock’n roll” pirata e non.
Gianfranco Carboni












