Ha dovuto affrontare la paura e il peso, gigantesco, di un tumore al seno col quale dovere fare i conti, Marcella S., casalinga 46enne, residente in un paesino dell’hinterland di Cagliari. Quando è riuscita a finire sotto i ferri si è un po’ rasserenata, ma la tranquillità è stata passeggera. Niente referto istologico, impossibile quindi iniziare in tempi rapidi il primo ciclo di cure. Contro un cancro, non certo contro un ginocchio spellato o una frattura. Un altro caso che si avvicina, e molto, a quel concetto di malasanità che, ormai, avvolge tutta la Sardegna. La donna ha scritto una email alla nostra redazione e anche al Tribunale del malato. L’obbiettivo principale? Fare in modo che il suo calvario non venga vissuto anche da altri malati. Ecco, di seguito, il suo racconto.
“Ho 46 anni. A novembre 2022 ho scoperto di avere un tumore al seno, quindi inizio l’iter per la terapia neoadiuvante. Ecografie, risonanza, Tc, consulenza genetica, visita cardiologica, tutto a pagamento per accelerare i tempi, visto che in questi casi il tempo è prezioso. Terminato l’iter, la collegiale del Businco ha deciso per l’intervento e quindi per la terapia adiuvante. Ho cambiato ospedale, in quanto nell’equipe non è presente il chirurgo plastico per la ricostruzione, questa la prima pecca e quindi, dovendo fare una mastectomia radicale, ho preferito rivolgermi al Policlinico di Monserrato. Sono stata operata dopo circa un mese dalla prima visita, quindi a febbraio 2023, esattamente 3 mesi dopo aver scoperto il tumore, ed è questa la seconda pecca. E qui è iniziato il mio incubo. Ho chiesto al chirurgo che mi ha operata i tempi per il referto istologico, 4 settimane è il tempo che serve per l’esito. Il mese più lungo della mia vita. Senza quel referto non posso iniziare la terapia. Dopo 4 settimane ho chiamato nel reparto di Chirurgia sperando di avere notizie del referto, ma mi hanno chiesto di aspettare ancora qualche settimana. Dopo 5, 6 settimane ho chiamato direttamente in Anatomia Patologica per capire il motivo di questo ritardo, in segreteria hanno continuato a parlare di tempi tecnici. Nel frattempo mi sono informata se questi tempi tecnici fossero sono solo al San Giovanni di Dio oppure ovunquem e ho scoperto che negli altri ospedali sardi sono effettivamente 4 settimane e nel resto d’Italia dai 12 ai 20 giorni. Arrivata alla settima settimana di attesa, ho fatto una segnalazione all’Urp, e miracolosamente il giorno seguente l’istologico era pronto. Ho scoperto che questi ‘tempi tecnici’ non sono altro che l’assenza di personale medico in Anatomia Patologica. Un solo medico per circa 200 pezzi da analizzare che arrivano ogni santo giorno. Dopo 5 mesi non ho ancora iniziato nessuna terapia e come me chissà quante persone. Quindi ho deciso di farmi portavoce di tutta quella gente che vive il mio stesso incubo, perché tutti abbiamo il diritto di curarci in tempo, prima che sia troppo tardi. Si parla tanto di prevenzione, ma poi in sostanza non esiste. Caro presidente Solinas, glielo chiedo con il cuore in mano, dia più importanza alla nostra sanità, e lasci perdere il superfluo, perché io per lei non sono nessuno, ma per la mia famiglia sono una moglie, una madre, una figlia e una sorella”.










