Una montagna di panini e bottiglie accatastati fuori dall’ingresso, l’indignazione del pubblico e la protesta esplosa sui social: “Uno schiaffo alla fame nel mondo”. È bufera dopo il concerto dei Modà alla Fiera campionaria di Cagliari, dove alcuni spettatori hanno denunciato il divieto di introdurre cibo all’interno dell’Arena. Tra i racconti, quello di una spettatrice che si è vista costretta a buttare il proprio panino prima di entrare: “Per comprarne uno dentro servivano dieci euro. Un’assurdità”. A intervenire per chiarire la posizione dell’amministrazione comunale è l’assessora alla Cultura, Spettacolo e Turismo, Maria Francesca Chiappe, che prende le distanze dalla gestione dell’evento: “Ho appreso la notizia dalla stampa. Stamattina ho incaricato gli uffici competenti di inviare una lettera alla Fiera per chiedere spiegazioni. L’organizzazione funziona così: il Comune di Cagliari ha finanziato l’allestimento dell’Arena con 110mila euro, ma l’organizzazione dei singoli concerti è totalmente in capo ai promoter. Sono loro a occuparsi della sicurezza, degli steward, degli ingressi e di ogni altro aspetto gestionale. Non compete al Comune”, chiarisce l’assessora. Chiappe sottolinea che l’amministrazione ha verificato che l’allestimento dell’Arena fosse conforme a quanto previsto, ma ora chiede risposte precise su quanto accaduto:
“Essendo il Comune ad aver allestito questa Arena, come assessora voglio capire cosa sia successo. È noto che nei concerti, così come negli aeroporti, non si possano introdurre bottiglie di vetro. Quelle di plastica sì, purché senza tappo, per motivi di sicurezza: infatti, anche l’acqua acquistata all’interno viene consegnata senza tappo. Ma sul cibo la questione è diversa: non mi risulta che ne sia vietata l’introduzione e voglio sapere perché sia stato impedito”, prosegue. “Se qualcosa non ha funzionato, chiederemo che in occasione dei prossimi concerti vengano rispettate le regole e tutelato il pubblico”, conclude l’assessora, che ora attende chiarimenti ufficiali dalla Fiera. Intanto resta la rabbia di chi si è visto obbligato a rinunciare a uno spuntino portato da casa, in cambio di panini venduti a prezzi esorbitanti. Una vicenda che solleva interrogativi non solo su questioni di sicurezza e gestione, ma anche su equità e buon senso.









