Sulla ripartizione dei fondi della contrattazione decentrata scoppia l’ennesima guerra-terremoto dei lavoratori del Brotzu. Con una nota firmata da Carlo Marras (Cgil), Attilio Carta (Uil) e Massimo Cinus (Cisl) viene proclamato lo stato di agitazione e si chiede l’immediato intervento del prefetto. I motivi che hanno portato allo scontro sono contenuti in una lettera di qualche giorno fa, sempre firmata dai tre sindacati che rappresentano la stragrande maggioranza di Oss, infermieri e personale sanitario del più grosso ospedale sardo: “Siamo rimasti sconcertati dopo l’aberrante iniziativa dell’amministrazione, con la quale inverte le parti e invia un comunicato ai lavoratori negando spudoratamente persino quanto aveva proposto nella riunione del 3 novembre. Il tutto senza prove documentali in quanto, per sua prassi sempre rigorosamente a voce e condita da riferimenti contrattuali buttati impropriamente tutti dentro. Una sorta di ‘vile’ bomba a grappolo contrattuale, aggravato da una comunicazione unilaterale con l’uso, improprio e strumentale, di mezzi, la email aziendale, non di proprietà dell’amministrazione bensì dell’Azienda, quindi di tutti. Pura slealtà! Incrementando così a dismisura sconcerto, sfiducia e demotivazione dei lavoratori che, già in preda a un elevato stress lavorativo, impotenti, scappano, a frotte, verso altre realtà sicuramente più ‘rispettose’, sia a livello professionale che umano ed economico. Lavoratori che, per la loro caparbia abnegazione lavorativa, meriterebbero ben altra considerazione e rispetto”.
Nel mirino finiscono gli “atteggiamenti, fuori da ogni logica contrattuale, che alimentano la conflittualità, anche interpersonale, a livelli osceni, sfociata in questo periodo in atteggiamenti e comportamenti ostili fra categorie che, invece, in un contesto normale di eccellenza sanitaria, dovrebbero convivere in armonia, per il bene comune dei pazienti. Così l’amministrazione ha di fatto messo in discussione le corrette e rispettose relazioni sindacali”, denunciano Cgil, Uil e Cisl. “Dopo infiniti e inascoltati solleciti da parte dei soggetti firmatari, abilitati ad attivare un leale, serio e costruttivo confronto fra le parti, come previsto dal vigente contatto collettivo nazionale, l’amministrazione ha convocato, anche in modo improprio, per un confronto, non sulle reali emergenze sanitarie ma guarda caso, sul ‘Regolamento Incarichi’. Vorremo escludere la coincidenza delle imminenti consultazioni elettorali regionali. Regolamento forzatamente liquidato, tra l’altro, in modo arrogantemente unilaterale, non essendo formalmente materia di contrattazione, senza accogliere suggerimenti e proposte di buon senso dei sindacati. Mai visto prima. Segue poi l’obbligata contrattazione sulla ripartizione dei fondi con una proposta a dir poco oscena del 3 novembre in cui l’amministrazione in sintesi propone, rigorosamente a voce, lo spostamento di circa 300mila euro dal fondo delle premialità e condizioni di lavoro a quello delle indennità, incarichi e progressioni, destinando un residuo di soli 230mila euro, una miseria, per le fasce 2023 e nulla per i prossimi anni. A seguito di una reazione forte e decisa delle organizzazioni sindacali e di poche altre, ma non di tutte, il 14 novembre l’amministrazione ha fatto un apparente cambio di rotta per l’assurdo spostamento dei fondi”. I tre sindacalisti “respingono decisamente e con tutti i mezzi tale tourbillon di proposte che fanno gli interessi di pochi ma non di tutti. La consultazione fra i lavoratori e l’assemblea del 22 novembre, convocata da Cgil, Uil e Cisl ha approvato all’unanimità l’azione intrapresa conferendo mandato di proseguire, senza se e senza ma, sulle proposte già avanzate in quanto le stesse sono ‘non contro nessuno ma a tutela dei diritti di tutti’. Per tali motivi abbiamo deciso di non partecipare alla riunione del 24 novembre, alla quale pare si siano presentate solo due sigle, guarda caso. L’amministrazione anziché prendere atto del malessere ha arrogantemente svolto la riunione con 2 sole sigle, su 7 aventi titolo, a concordare chissà cosa e, come nulla fosse, aggiornarla, con massima urgenza, al 28 novembre, senza naturalmente fornire, nei termini contrattuali, la documentazione relativa alla proposta scritta, e non più a voce, propedeutica a una leale contrattazione. Pur capendo le esigenze dell’imminente scadenza elettorale, in una pubblica amministrazione, non funziona così. Infine, ribadendo che i lavoratori in Arnas, pur garantendo con abnegazione unica un’assistenza h 24, forse ancora degna di questo nome sono, da troppo tempo, i meno pagati e più bistrattati della Sardegna. Qualsiasi persona di buon senso, ‘che qui pare smarrito, è fermamente convita che meritino molto più rispetto professionale, economico e personale. Forse il continuo e generalizzato esodo biblico, verso altre realtà sicuramente più attente e normali, passa inosservato ai responsabili dell’intera organizzazione lavorativa e gestionale aziendale del personale. Sicuramente qualcuno ne risponderà nelle opportune sedi competenti”.










