Nei primi anni del ‘900 il capoluogo sardo subì una forte immigrazione di persone, provenienti dai paesi poveri dell’interno, che creò una classe di persone nullatenenti che vivevano di espedienti e di lavori precari, mentre il costo della vita saliva costantemente così come i prezzi dei generi alimentari di largo consumo.
Nel 1906 la situazione diventò insostenibili e molti cagliaritani non erano in grado di acquistare non solo la carne ma neanche il pane ed il vino, domenica 10 maggio, la folla esasperata si riunì nel bastione di Saint Remy per protestare.
Numerosi oratori inveirono contro gli sfruttatori ed i commercianti che si arricchivano col rincaro dei prezzi dei viveri e si creò un corteo che si diresse verso il palazzo civico, con l’intenzione di conferire col sindaco Ottone Bacaredda che, ricevuti i dimostranti, promise l’apertura di due forni che avrebbero venduto il pane a prezzo di costo così come una rivendita di carne.
La folla, rassicurata dalle parole del sindaco, in corteo percorse via Lamarmora e giunse in piazza Martiri dove fu dispersa dalle forze dell’ordine.
Lunedì 14, tutto sembrava calmo e l’esattore comunale si apprestava alla riscossione della tassa sull’occupazione del suolo pubblico, dovuta dai rivenditori del mercato del Largo Carlo felice, ma i negozianti iniziarono ad inveire e minacciare il funzionario con l’intenzione di non pagare.
Una folla imponente intanto aveva affiancato i dimostranti ed il corteo percorrendo la via Roma danneggiando i tavolini del caffè Roma e, compiendo atti vandalici di ogni specie, giunse davanti alla manifattura dei tabacchi di viale Regina Margherita per far uscire gli operai.
Il corteo, con le sigaraie con la bandiera socialista, si presenta davanti a fabbriche e magazzini facendone uscire gli operai e giunge alla stazione delle ferrovie secondarie dove tenta di entrare distruggendo vetri ed infissi, la lunga colonna si sposta dirigendosi verso la sede dell’Unione Sarda. E’ intercettata da un contingente di carabinieri ma sfonda i cordoni e riesce a passare, giungendo alla sede del quotidiano, dal quale sono fatti uscire i tipografi mentre la folla scaglia sassi contro i carabinieri che si ritirano per evitare pericolose conseguenze.
La lunga colonna, seguita da un forte contingente di carabinieri, passa per via Azuni, per il Corso ed arriva in via S. Pietro (viale Trieste), tra gli applausi della gente alle finestre che sventola drappi di ogni tipo. Un vecchietto sale su un cavallo e con un giunco in mano e si improvvisa generale, mentre un gruppo di monelli saccheggia un vicino campo di fave.
Tutti gli operai delle fabbriche lungo il tragitto sono fatti uscire ed il corteo, oramai gigantesco, si dirige verso la stazione delle Ferrovie Reali dove irrompe invano contrastato da carabinieri e soldati, continua la sua marcia ed arriva alla Playa presso la casetta della Quarta Regia chiamata s’Arrendu (luogo ove i pescatori sono obbligati a lasciare una quarta parte del pescato all’appaltatore del dazio che poi lo vende al mercato a prezzo concorrenziale) e tutto viene distrutto compresi registri e bollette, e si tenta poi di dar fuoco a mobili e porte e finestre.
La folla, diventata incontenibile, alle 15,15 ritorna verso la stazione dove è attesa da un formidabile cordone di agenti, soldati e carabinieri che intimano con tre squilli di tromba di disperdersi, poi con le pistole in pugno cercano di far indietreggiare la massa che viene spinta verso il palazzo Vivanet.
Sugli agenti piovono sassi e ogni sorta di oggetti, la grande vetrata della stazione è ridotta in briciole, un carabiniere ed un soldato cadono colpiti da pietre insieme a tanti commilitoni, la moltitudine preme e minaccia da vicino quando, senza ricevere alcun ordine, partono i colpi di pistola e la folla si apre, scappa, molti rimangono sul terreno impregnato ovunque di sangue.
La via Roma diventa un campo di battaglia, vengono rovesciate vetture tranviarie, e un drappello di soldati in difficoltà spara ancora ferendo altri dimostranti, i cordoni vengono rinforzati mentre arrivano autorità e rinforzi e continuano le scaramucce ed i corpo a corpo.
Un lungo corteo si dirige verso il palazzo civico, presidiato da un numeroso contingente di carabinieri e soldati, ed alcuni rappresentanti vengono ricevuti dall’assessore Valle al quale è richiesto di intercedere per liberare i dimostranti arrestati. La richiesta è accolta dalla magistratura ed i fermati vengono liberati tra gli applausi della folla.
Intanto arrivano in città forti contingenti di truppe in treno o a bordo di navi militari, la città è saldamente presidiata mentre disordini sono segnalati in vari punti.
Lo sciopero generale di quattro giorni a Cagliari, preoccupa le autorità, e prevedendo una replica nominano un nuovo Prefetto, Onorato Germonio, ed arrivano in città, a bordo di navi di linea centinaia di soldati, mentre navi da guerra cariche di truppe entrano in porto, precedendo addirittura lo squadra navale del mediterraneo.
I fatti di Cagliari hanno ripercussioni in Parlamento e Sonnino, presidente del Governo, deve rispondere a numerose interrogazioni dei Deputati,; intanto l’esempio del capoluogo è seguito anche all’interno dove scoppiano tumulti e proteste per il caro vita.












