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Le code, fuori da alcune caffetterie, delle prime ore della mattina? Per esserci, c’erano, ma poi sembrano essersi dissolte: la prima giornata con la possibilità, anche per i baristi di Cagliari, di vendere caffè, cappuccini, paste e pizzette sfoglia in modalità asporto non è felice. Anzi: più di un commerciante lamenta incassi bassissimi e spese, tra luci e sanificazione, tutt’altro che contenute. Paura? Abitudini cambiate? Ancora poche attività commerciali aperte? La risposta giusta non c’è, si possono solo fare ipotesi: i cagliaritani potrebbero aver timore di essere contagiati, o negli ultimi due mesi si sono abituati a bere il caffè in casa, dalla moka o magari grazie alle cialde, o ancora magari molti impiegati non sono tornati in servizio. Il fatto certo è che, verso mezzogiorno, le casse di più di un bar sono quasi vuote. In attesa della ripartenza totale prevista, salvo imprevisti, solo il primo giugno.
“Dall’apertura ho avuto solo venti clienti e ho venduto più paste che caffè”, afferma Maurizio Deplano, 50 anni, da diciannove alla guida di un bar in via Pergolesi. “La gente ha perso le abitudini, non consuma più come prima”. In un lunedì “normale”, cioè non post lockdown, “avrei avuto almeno il doppio dei clienti. Andrò avanti, piano piano supereremo tutti i limiti, con i tavolini spero che andrà meglio. Ho chiesto i 600 euro al Governo ma non il finanziamento-prestito”. Altra barista, Cristina Caiazza, in via Dante: “La gente ha paura ma siamo speranzosi, abbiamo voglia di riprendere la nostra normalità. Calo degli affari dell’ottanta per cento netto, ho venduto caffè e cappuccini ma anche le paste le stanno portando via”, spiega la barista 42enne. Le sanificazioni, però, vanno fatte a prescindere dal numero di clienti: “Sì, costano e vanno fatte un paio di volte al giorno, usando tutta una serie di prodotti specifici per il bagno, per il banco e per il pavimento. Il Governo dovrebbe aiutarci, sinora non l’ha fatto: i 600 euro li ho presi e glieli ho resi subito, dovendo pagare delle tasse”.