Un “piccolo mondo a parte”, tra gli anni Novanta e i primi Duemila. Ecco cos’era il Cep, un rione dove la droga rappresentava, per molti giovani, la normalità. Col lavoro più che un miraggio, in molti entravano nel tunnel della tossicodipendenza. Altri tempi, oggi il quartiere è cambiato. Ma venti anni fa, la paura e gli episodi decisamente “curiosi” erano all’ordine del giorno. “Molte volte dei drogati entravano nel bar e rubavano le torte. Le prendevano e uscivano senza pagare in tutta tranquillità. A raccontarlo oggi viene da ridere”, dice Caterina Tosi, titolare di un bar in via Castiglione, “ma all’epoca i nostri orari di apertura e chiusura erano condizionati dalla presenza di queste persone”.
Il rione ha cambiato volto: “Il Cep non ha più l’etichetta di zona periferica e pericolosa. I poveri sono ovunque, in tutta Cagliari. Anni fa ho provato a costituire una cooperativa sociale per dare lavoro ai giovani del quartiere, purtroppo non ci sono riuscita”. Tantissime, meglio, infinite le scene alle quali signora Caterina ha dovuto assistere negli anni bui del Cep: “Alcune erano da premio Nobel, i ragazzi erano sballati a causa della droga e, nel loro slang cagliaritano, mettevano su scenette che, adesso, strappano un sorriso. Addirittura un ragazzo, nel dare l’accendino a un suo amico, era riuscito, per sbaglio, a incendiargli i capelli. Le fiamme, poi, le aveva spente spiaccicandogli una pasta alla crema sulla testa”.