Di Giulio Neri
Calisto viene dal Sud e si autodefinisce terrone, ma a Firenze sta conquistando il mondo. Ha ventisette anni, è sveglio, intelligentissimo, con una sensibilità che gli premette di apprezzare il Bello più raffinato: completi d’alta sartoria, cucina gourmet, vini di pregio. Studia Economia all’università e ha capito quanto basta per ribellarsi ai privilegi di un’aristocrazia senza meriti e all’irreversibile deperimento dei ceti medi. Vuol lottare, al di là del bene e del male, per prendersi quello che il destino gli ha negato.
È il leader intellettuale di una ghenga di meridionali che si è ritagliata uno spazio di narcotraffico tra rudi albanesi e affiliati che non perdonano. Spaccia ai margini dei baccanali fashion di una gioventù arenata in montagne di cocaina e droghe chimiche. Il suo campo d’azione sono due locali esclusivi, il Nabucco e il Platinum, dai quali accede a una ricchezza sfrenata, ma pur sempre di seconda categoria, tra champagne e splendide escort perlopiù retrocesse dai privè dei piani alti. La domanda è: saprà accontentarsi degli avanzi?
L’ascesa di Calisto è vertiginosa e, a tratti, sembra rifarsi alla delirante avidità di uno Scafarce che aspira al trono degli imperatori. Sale di livello, ma è proprio il suo innato senso di giustizia che, talvolta, gli insinua dubbi. Questo “rallentamento” introspettivo è uno dei fattori più originali di un noir che, nonostante l’impianto morale, non scade mai in facili moralismi e restituisce alla delinquenza un’umanità di complessi irrisolti.
Il percorso di studi del protagonista è un valore aggiunto per inquadrare il fenomeno al di là degli stereotipi di genere: l’analisi della crisi sociale indotta dalla finanziarizzazione, con un’economia sempre più slegata dai cicli produttivi e il conseguente sacrificio di capitale umano, getta Calisto e la sua generazione in uno scantinato della Storia, dove le parole-chiave sono Disoccupazione e Precariato, e qualsiasi possibilità di miglioramento si ferma al pianoterra: solo attraverso l’illegalità si sfonda.
Il realismo particolareggiato di Thomas Melis, già apprezzato in “Nessuno è intoccabile”, si cala in una baldoria notturna che finisce per cannibalizzarsi. L’euforia degli stupefacenti, la presunzione di onnipotenza infusa dai soldi contanti, il gusto dei corpi, ogni dettaglio di questo Satyricon postmoderno è presto inghiottito in un buco nero di bocche anestetizzate, mascelle fuori controllo e occhi spiritati.
C’è una scrupolosa lessicografia di gerghi a sostegno di un affresco verosimile nei dialoghi, negli intercalari “di casa”, nell’umorismo che dalla periferia irrompe nel cuore imbastardito della città medicea: una ricerca sui linguaggi, e sui comportamenti, funzionale ai vari opposti che si inseguono in un continuo rimpallo erosivo: tradizione e modernità, Nord e Sud, fatuo e drammatico. Ma lo sfondo resta comunque quello dei sentimenti e della speranza. È come un inquietante fantasma che si staglia su questo noir tesissimo e ne interroga i personaggi. Amare? Sperare? Calisto ha paura, ma capisce prima degli altri di dover rispondere. Ora o mai più: a un passo dalla vita, ma anche dalla morte.













