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Arsenico e vecchi merletti all’Oncologico di Cagliari: la soluzione non può essere trasferire i migliori reparti

La lettera aperta di Alessandro Murenu rappresentante sindacale CIMO P.O. Businco: La soluzione però non può essere trasferire, per esempio, l’Endoscopia toracica al San Michele in locali altrettanto inidonei interrompendo percorsi di diagnosi e cura costruiti con fatica in anni di duro lavoro all’Oncologico con la partecipazione di tutte le strutture"

di Alessandro Murenu
13 Dicembre 2024
in cagliari

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Tumori al seno, all’Oncologico di Cagliari liste d’attesa infinite: “Chi ha soldi lascia la Sardegna”

Già, sembra di rivivere il vecchio film di Frank Capra all’Oncologico, quando, con i favori dell’oscurità, le vecchie signore cercano per un malinteso senso umanitario di assassinare la gente (i pazienti in primis). L’Oncologico è di certo un ospedale che ha bisogno di ristrutturazione, in particolare le sale operatorie, come le strutture ove si svolge la gran parte delle attività diagnostica e interventistica (basti pensare a Radiologia ed Endoscopia toracica). La soluzione però non può essere trasferire, per esempio, l’Endoscopia toracica al San Michele in locali altrettanto inidonei interrompendo percorsi di diagnosi e cura costruiti con fatica in anni di duro lavoro all’Oncologico con la partecipazione di tutte le Strutture ivi presenti. Come ottimamente sottolineato da Franco Meloni qualche giorno fa  non si può costruire la casa partendo dal tetto o peggio ancora dalle chiavi di casa; esistono problemi strutturali della sanità che risalgono almeno agli ultimi vent’anni. Soprattutto in questo periodo si è visto un susseguirsi di riforme e controriforme tese più a eliminare questo o quello, che non a risolvere il problema, in sostanza si sono eliminati bacini interi di acque e folle di bambini (e non che spesso alcuni di essi non andassero e non vadano eliminati). Il problema vero è che ad oggi, come riportato da qualcuno in ossequio a Remarque, non c’è niente di nuovo sul fronte occidentale. Si continua con la politica dei bonus che serve a mettere toppe nuove su abiti sdruciti che si strapperanno ancor prima delle prossime elezioni, si alternano proposte di riforma del SSR da mesi senza arrivare ad una riforma che ponga al centro il paziente e chi lo assiste. Si continua a parlare di importare Medici e personale sanitario da questo o da quel paese e si continua ad esportare studenti di Medicina a migliaia in tutto il continente (europeo per intenderci), senza dar loro una possibilità di formarsi a casa loro. Come giustamente diceva qualche settimana fa la Ministra Bernini “è una ipocrisia”.

Tutto ciò ricorda quanto successo diversi lustri fa quando (si dice) qualcuno andava in giro per i quartieri più poveri di Cagliari a elargire biglietti di grosso taglio in cambio di un voto, insomma una politica del bonus ante litteram. Alla nostra isola serve un governo forte della salute, non un forte governo nei confronti degli operatori, sempre più demotivati, sempre più in fuga, sempre meno; non serve elargire mancette elettoralistiche per curarsi i denti o fare una visita oculistica, serve un programma strutturato di prevenzione, e questo parte dai territori e dalle giovani generazioni, non serve costruire nuovi ospedali che saranno già vecchi de facto quando entreranno a regime servono registro regionali di patologie ad alto impatto sociale e dei tumori. Se l’oncologico è un ologramma, e per certi versi lo è, non è certo per colpe dei Medici o degli Infermieri e di tutto il personale di supporto (OSS in testa), ma di una politica priva di visione, che ha sempre pensato a rattoppare piuttosto che sostituire l’abito, magari con un abito di sartoria. Questa cecità l’abbiamo vista nelle ultime azioni paventate nei confronti di 1)Chirurgia ed endoscopia interventistica toracica, di 2)Chirurgia e senologia, di 3)Chirurgia generale a indirizzo oncologico; portare la prima al San Michele impedendo così di portare avanti la propria “mission” (occuparsi del trattamento delle patologie oncologiche toracopolmonari), costringere la seconda in una sala operatoria non a norma, e la terza (questa si, per ora un ologramma) a lavorare senza personale dedicato e formato per l’assistenza di pazienti particolarmente complessi, costretta a operare dove? Si resta in attesa di risposte, che sappiamo non arriveranno e temiamo potranno essere inadeguate se non dannose.

Alessandro Murenu rappresentante sindacale CIMO P.O. Businco

Tags: oncologico
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