I ristoratori di Cagliari stracciano, letteralmente, i buoni pasto. Nel giorno dello sciopero, con i titolari di bar, ristoranti e supermercati che contestano apertamente le commissioni, sino al 20%, che li porta a dover dire addio a un quinto del guadagno, emerge che ormai ben pochi commercianti accettino i cosiddetti ticket restaurant. Il gioco non vale la candela, in poche parole, e c’è chi ha già interrotto qualunque tipo di convenzione sia con società pubbliche sia con società private. Vuoi pranzare o cenare? Prego, puoi pagare in contanti, col bancomat o con la carta di credito. Niente buoni pasto. Tra i pochissimi che ancora li accetta, nel rione della Marina, c’è Cristiano Aresu di Serafino: “Oggi chi viene a pranzo o a cena dovrà pagare, dovrà aprire il portafoglio. Le commissioni sono insostenibili, su un conto di dieci euro me ne rimangono in tasca appena otto”, racconta. “Inoltre, c’è pure da pagare la singola transazione, come se fosse uno scatto alla risposta, e se ne vanno altri diciannove centesimi. Qui vengono soprattutto dipendenti pubblici, infatti ho una convenzione con l’Enel, i lavoratori vengono da me e possono fare il business lunch: ma, se per una spesa di dieci o quindici euro, poi ci devo rimettere, allora è come lavorare gratis, non ha senso. Spero davvero che il Governo possa intervenire e fare una riforma che porti, noi ristoratori, a dover pagare commissioni nettamente più basse”.
Chi invece ha già detto addio, da anni, ai buoni pasto, è Fulvio Cocco, storico barista di via Roma. Un caffè, un panino, una spremuta, un gelato, qualunque prodotto può essere acquistato con i mezzi classici: banconote, monete, bancomat: “Ho interrotto qualunque convenzione per i buoni pasto da prima del Covid, non era per nulla conveniente. Ogni volta che dovevo farmi rimborsare, poi, dovevo pure pagare alla posta la spedizione dei ticket, ogni volta dovevo sborsare otto euro”, racconta. E, proprio nel cassetto sotto la cassa, Cocco custodisce centinaia di buoni pasto ricevuti prima del 2020: “Purtroppo sono tutti scaduti, non otterrò mai i soldi che mi spettano. Tra l’inizio dell’emergenza della pandemia e altri impegni non ho mai avuto la possibilità di riscuoterli. Da me li hanno utilizzati i dipendenti del porto e chi lavora al Comune”. Una beffa, ulteriore, che ha spinto il barista, e come lui tanti altri suoi colleghi, dallo stesso rione della Marina sino al centro città, a rifiutare categoricamente qualunque buono pasto.