Massimo Pinna, da Cagliari a Baden Baden: “Il coraggio di rischiare”

La storia di un ragazzo di 42 anni nato in via Goldoni, semplicemente innamoratissimo della sua Cagliari. E che ben 17 anni fa ha dovuto lasciarla per un posto da gelataio in Germania: “Vi racconto come si vive qui, nessuno si sognerebbe mai di rendere il Poetto un immondezzaio”


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La storia di un ragazzo innamorato della sua città, Cagliari, che per lavorare ha deciso di emigrare all’estero. Una storia come tante,forse,ma significativa nella settimana che ha visto le maestrine sparare a zero sul sindaco di Elmas, colpevole di incentivare i giovani a lasciare l’isola per cercare lavoro. La storia è quella di Massimo Pinna,42 anni,nato e cresciuto in via Goldoni col calcio e la sardità sempre nel cuore. Da piccolo il suo idolo era Zico, ma per il Cagliari ha fatto anche tante trasferte,come quella di Bucarest in coppa Uefa. La sua storia la racconta candidamente :””Sono partito a 25 anni dopo che a Cagliari non cavavo un ragno dal buco. Con l’università, troppo dispersiva quanto inutile nel suo indottrinamento. Ma io non sono partito perché disoccupato in preda a chissà quale crisi, bensì sono partito con l’idea di vedere il mondo. Perché ad un certo punto della vita vivendo su un’isola la Sardegna te la senti stretta come un vecchio paio di scarpe. Per questo tentai prima la strada di Londra ma sbagliando completamente l’approccio nel giro di tre mesi dovetti far ritorno a casa. Non mi diedi per vinto e tentai la strada che porta alle gelaterie in Germania: pur non avendo mai studiato la lingua tedesca in vita mia. A quel tempo ti davano vitto e alloggio e paga, per uno squattrinato come me era oro colato. Gli inizi furono durissimi, vagai dalla Baviera (donauworth) alla ruhr (oberhausen) passando pure per la Germania est (Magdeburgo) ma furono sempre tappe transitorie che un motivo o per l’altro non mi lasciavano soddisfatto di ciò che avevo ottenuto”. Poi la svolta,dopo tanto tempoall’estero :” Quindi un bel giorno, 8 aprile 1997, arrivai a Baden Baden nel cuore della foresta nera e subito fu amore a prima vista: una via di mezzo tra Fiuggi, Cortina d’Ampezzo e Costa Smeralda. In una parola, incantevole. All’inizio per 5 anni ho fatto il lavoratore stagionale con l’intento di rientrare a studiare in inverno poi, quando inizi ad avere garantita una sicurezza economica e soprattutto ad integrarti in un luogo come il sugo sugli spaghetti allora capisci che è troppo tardi per riporre il tuo futuro su una laurea e così decisi di fare il salto: prendere casa e non essere più pendolare tra l’isola e il continente. All’inizio avevo sempre pensato di tornare a godermi la mia terra una volta pensionato; adesso negli ultimi due anni, a causa della crisi e causa della persistente indole italiana dei sardi, l’idea di tornare è andata scemando frutto anche degli ultimi viaggi fatti. Finché vivi in Sardegna certe cose ti sembrano normali, ma se ti abitui a vivere in un paese più civile, corretto ordinato e con un elevato grado di appartenenza nonostante sia stato sconfitto in entrambe le guerre mondiali, allora ti viene difficile capire perché la gente va al Poetto e alla sera lo riduce come un immondezzaio. O perché se c’è il parcheggio riservato agli invalidi, ci si parcheggia sopra”.

Eppure lui, Massimo Pinna, in arte “Cece” da ragazzino sui campi polverosi di calcio a San Benedettoe alla scuola Ugo Foscolo dove amava più il dribbling del gol, ha la Sardegna attaccata al cuore e lo dimostra quando parla del suo Cagliari: “Preferisco perdere e preferisco andare in B ma appartenere ad un club che abbia un suo statuto nel quale sono sancite tutte le sue finalità; ad esempio: impiegare solo calciatori sardi, dai 27 anni in giù, rispettare l’avversario, non vincere mai illecitamente come ricercare rigori inesistenti, correre un certo tot di chilometri a partita, arrivare in porta solo con passaggi di prima, non buttare mai la palla in fallo laterale, fallo tecnico mai, doppia dicitura del nome Cagliari/Casteddu, ringraziare lo stadio dopo ogni partita etc etc questo significa essere un club. Avere delle finalità e non essere soltanto una squadra di calcio che esercita la professione solo per prendere i tre punti la domenica in qualsiasi modo, lecito o non lecito. Zeman è uno di quelli che può far diventare una squadra di calcio, un vero e proprio club.”. 


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