L’emendamento della vergogna è servito, ennesimo schiaffo della politica ai sardi. Il consiglio regionale, senza far trapelare nulla e dunque in modo che non si potessero prendere contromisure neanche mediatiche, con un blitz silenzioso durante la legge Omnibus da 300 milioni ha ripristinato i cosiddetti vitalizi per gli “onorevoli”, aboliti con dispiego di trombe nel 2014, perché – era stato detto e sbandierato – basta privilegi, la politica deve tornare alla sua missione originaria che è quella di essere all’esclusivo servizio dei sardi, non certo di se stessa. E invece, nonostante gli scandali e le spese folli che nulla c’entravano con i finanziamenti ai gruppi, con una faccia tosta evidentemente bipartisan, una piroetta e tutto è tornato come prima.
E’ bastato un emendamento del centrodestra, primo firmatario Stefano Tunis di Sardegna 20Venti, e la questione si è chiusa in pochi secondi: i vitalizi sono resuscitati. Non solo: saranno retroattivi, in modo da coprire tutto il periodo rimasto scoperto, ma solo per chi è rimasto in carica anche in questa legislatura. Pensate sia finita qui? Ma no, perché il capolavoro fosse completo mancava un aumento di stipendio, e come negarselo mentre la gente muore di fame: più soldi, se l’Istat certificherà un aumento del costo della vita.
La vergogna delle vergogne è poi non solo la gravissima sostanza ma anche il modo in cui tutto è accaduto. Intanto, il silenzio assoluto che ha preceduto l’ingresso dell’emendamento in aula: ma quando mai è successo? E perché il centrosinistra che di solito su ogni emendamento a ogni articolo di ogni legge fa pulci e barricate è stato zitto prima e soprattutto dopo? Per non parlare dei 5 Stelle, non pervenuti su tutta la linea.
La votazione, poi, è stata per alzata di mano, non col voto elettronico registrato. Il che significa che non si potrà mai sapere chi ha votato a favore e chi contro, ammesso che qualcuno ci sia stato: ma è chiaro che proprio il silenzio assoluto è indizio del fatto che forse, sull’argomento, ci fosse un accordo in qualche modo trasversale. Aderire al piano pensionistico non è obbligatorio, e costerebbe a ciascun onorevole l’8,8% dello stipendio mensile, che ammonta a circa 6.600 euro. Ma ci sarebbe anche un aggravio sui costi pubblici, perché per ciascuno di loro il consiglio regionale, con soldi pubblici, cioè soldi dei sardi, deve sborsare il 30% dello stipendio. Era davvero necessario, in un momento come questo e dopo le cento e passa nomine milionarie?













