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Traffico di droga e armi per gli assalti ai portavalori, così agiva la banda sarda in contatto con la camorra

di Paolo Rapeanu
7 Gennaio 2021
in cagliari, zapertura

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Droga, armi e tentati assalti ai portavalori. I piani, e i “giri”, della banda sarda desulese-sulcitana scoperta e bloccata anche dai carabinieri di Cagliari, aveva ramificazioni internazionali, vista la “collaborazione” con un gruppo criminale della Corsica. Ventisette le persone arrestate, cinque ancora a piede libero, con le indagini serratissime da parte dei militari che vanno avanti. Il quadro ricostruito dai militari è tanto lineare quanto pauroso: droga, venduta in Sardegna ma anche in Corsica, per avere in cambio armi da utilizzare per alcuni colpi, poi tutti saltati. A capo dell’organizzazione un 56enne di Loculi, Giovani Mercurio, che ha potuto contare sull’aiuto di un allevatore di Santadi, Umberto Secci. Più altre decine di persone, tutte finite in manette: sedici di loro in carcere, undici ai domiciliari. A ricostruire oltre due anni di indagini è il colonnello dei carabinieri di Cagliari, Cesario Totaro: “Un intreccio pericoloso, stavamo svolgendo un’attività mirata a stroncare un traffico di droga a carattere internazionale, visto che era coinvolta anche la Corsica, quando abbiamo scoperto i trasferimenti di droga per avere in cambio armi ed esplosivo”. Armi “pesanti”, conferma Totaro: “Da guerra, clandestine e con la matricola abrasa. Due bombe a mano ed esplosivo”, oltre a “kalashnikov”. La banda criminale voleva asslatare alcuni portavalori: “Anche a Elmas, ma siamo riusciti a scongiurarli. Il traffico di droga era pluridirezionale, la centrale era in Sardegna ma il capo la smerciava verso la Corsica”, potendo contare su “canali di approviggionamento con Toscana, Lazio e Campania”, dove i contatti con la camorra c’erano, esattamente con personaggi legati ai clan dei Di Lauro e dei Fabbrocino. “Il periodo del lockdown ha esasperato” i malviventi, tanto che, siccome la droga “non garantiva più nessuna forma di finanziamento”, avevano puntato ad assalti “a caveau e portavalori. L’operazione non è finita, stiamo cercando ancora cinque persone”, aggiunge Totaro.

I SEQUESTRI E LE BANDE – I carabinieri hanno sequestrato 82 chili di marijuana, cinque di cocaina e dieci di hascisc. Oltre a Giovanni Mercurio e Umberto Secci,figurano anche i nomi, nella banda dei desulesi, di Andrea Luca Littarru, Germano Alessio Maccioni, Mauro Peddio, Gianfranco Casula, Ilio Mannu, Fabiano Mannu e Giovannino Littarru. Tra i sulcitani figurano Roberto Sibiriu, Pietro Paolo Serventi, Luisella Trastus e Carmelo Murgia. L’asse con la criminalità campana vede i nomi di Antonio Pagano, Luigi Porricelli, Luigi Maione, Umberto Lamonica, Salvatore Tullio, Vincenzo Vallefuoco e Antonio Coppola. Nei guai anche il gruppo criminale corso formato da Francesco Ledda, Marco Davide Ledda, Patrizia Scanu, Jean Louis Cucchi e Dario Pasquale Andrea Azzena. Robertino Dessì, Salvatore Garippa e Pino Guttadauro sono invece i tre contatti dei sardi con la criminalità toscana, oltre a Federico Fiorentini Arditi, Giuliano Petta, Antonio Spano e Roberto Sanna.

LE INDAGINI – Stando alle indagini dei carabinieri, Mercurio teneva i contatti con Secci per la gestione di droga e armi con la Corsica, facendosi aiutare dal 49enne di Alà dei Sardi Francesco Ledda che, con la moglie Patrizia Scanu e il figlio Marco Davide, si occupava della custodia, trasporto e commercializzazione della cocaina, hashish e marijuana, utilizzando la propria abitazione sull’isola francese. Mercurio si occupava di reperire lo stupefacente in Sardegna, Ledda lo trasportava in Corsica dove, con Dario Azzena, un sardo emigrato in Francia, aveva costituito una rete di spaccio: i due tagliavano la sostanza, la vendevano e periodicamente consegnavano il ricavato proprio a Giovanni Mercurio. Tra i pagamenti documentati, spiccano 60mila euro a luglio 2019 e ventimila a febbraio 2020. La droga, almeno in parte, arrivava anche dal Lazio grazie a Antonio Spano e Federico Fiorentini Arditi. Per il rifornimento di armi ci pensava un corso, Jean Louis Cucchi, proprio per gli assalti, poi falliti, a delle sedi della Mondialpol, uno dei quali doveva essere fatto nella sede di Elmas da Mercurio e Ledda, che erano in trattativa con i clan Fabbrcino e Di Lauro. In un’occasione è stata anche avviata una trattativa tra i sardi e la criminalità organizzata calabrese per acquistare un container colmo di hashish e fucili d’assalto kalashnikov. Nell’organizzazione delle rapine anche Secci aveva un ruolo determinante: per il suo tramite, Mercurio poteva disporre di una batteria di assalto, composta dai desulesi Littarru Andrea Luca, Maccioni Alessio Germano, Mannu Ilio, Peddio Mauro, Casula Gianfranco, Mannu Fabiano, Littarru Giovannino. Il ruolo decisivo di Secci nelle rapine è testimoniato dal fatto che prima di ogni viaggio per Napoli, in vista della definizione di nuovi accordi con Porricelli, egli si incontrava con Mercurio per la disponibilità del gruppo di assaltatori.In Toscana, invece, il supporto logistico e organizzativo veniva garantito da Dessì Robertino, un allevatore sardo che disponeva di un ovile nel quale custodiva le armi e gli esplosivi della batteria operativa di desulesi, favorendone gli spostamenti nell’area. I preparativi della rapina alla Mondialpol di Cecina erano arrivati ad uno stato molto avanzato, poiché le armi erano nascoste nell’ovile di Dessì. La batteria dei desulesi aveva eseguito diversi sopralluoghi alla sede della Mondialpol ed era stato affittato un capannone da Salvatore Garippa e Guttadauro Pino per custodire i mezzi pesanti, forniti dalla criminalità campana (Porricelli) e condotti sul posto con più viaggi dagli uomini di questi (Lamonica, Tullio, Sepe, Vallefuoco).

Tuttavia, la fase esecutiva saltò non per scelta ma a causa di diversi imprevisti: in un caso i napoletani avevano procurato un escavatore troppo piccolo, in un altro un camion era andato in panne durante il tragitto ed era stato abbandonato dai desulesi per strada. Le indagini sono state particolarmente complesse per il modus operandi dei rapinatori e delle cautele da loro adottate, tali da aver consentito in precedenza di mettere a segno numerose rapine senza essere mai scoperti. Vantandosi di essere un gruppo di professionisti nel settore, raccontavano di rapine messe a segno presso banche ed uffici postali, anche con il sequestro di persone, nonché a portavalori. In occasione dei loro spostamenti in Toscana spegnevano il telefono o lo lasciavano a casa per riaccenderlo solo dopo il ritorno in Sardegna: Giovannino Littarru, camionista di professione, fratello di Andrea Luca, dimorante in Toscana, era l’unico canale possibile per rintracciare il gruppo di assaltatori. Anche quest’ultimo non ha avuto un ruolo di secondo piano, tant’è che, rinviata la rapina di Cecina, ha ricevuto l’incarico di riportare in Sardegna le armi nascoste in Toscana. Il 31 luglio 2020, dopo essere arrivato al porto di Cagliari a bordo di un camion carico di legname, fermato e perquisito, è stato arrestato perché trasportava 3 kalashnikov, due fucili, 3 pistole beretta e 2 Glock, due bombe a mano, tritolo, esplosivo plastico, giubbotti antiproiettile e oltre 400 munizioni di diverso calibro, passamontagna e guanti. Infine al gruppo sono stati contestati anche la detenzione e introduzione nel territorio dello Stato di banconote contraffatte, 50mila euro di banconote da 20 e 50 euro che Porricelli, con l’intermediazione di Pagano, aveva consegnato a Ledda e Mercurio.
Tags: Sardegna
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