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I 125 voti incassati dal presidente Mattarella nella terza votazione al Quirinale sono la certificazione delle sabbie mobili in cui è precipitata la politica italiana. Un segnale mandato di 5 Stelle ma non solo, rilanciando un’ipotesi sopita fino a qualche ora prima: riprendersi un “usato sicuro”, lasciare il governo così com’è e arrivare a fine legislatura, obiettivo più ambito dei Cinquestelle, consapevoli del fatto che alle prossime votazioni saranno quasi certamente falcidiati. Ci sono poi i 114 voti per Crosetto, su mandato di Giorgia Meloni: un modo per segnare la differenza con gli alleati, pesarsi e farsi pesare e non solo per evitare nuovamente la scheda bianca. E la novità dei 52 voti a Pierferdinando Casini, candidato tornato prepotentemente in auge come soluzione condivisa, in generale più gradito di Draghi che viene sì considerato autorevole ma allo stesso tempo percepito come lontano anni luce dai politici.
Ma al terzo giorno, l’ultimo con la maggioranza qualificata dei due terzi degli elettori (673 su 1009 grandi elettori), qualcosa di “politico” si muove e in serata l’intesa sembra più a portata di mano.
A dare la scossa è a fine mattinata il tweet del segretario del Pd Enrico Letta che, consapevole del fatto che la situazione rischia di sfuggire di mano, traccia una linea oltre la quale non c’è spazio per giochi e manovre della politica: “Proporre la candidatura della seconda carica dello Stato, insieme all’opposizione, contro i propri alleati di governo, sarebbe un’operazione mai vista nella storia del Quirinale. Assurda e incomprensibile. Rappresenterebbe, in sintesi, il modo più diretto per far saltare tutto”. Dai 5 Stelle, attraverso una telefonata in diretta a Enrico Mentana, Beppe Grillo conferma il sostegno a Draghi come premier ma non come capo dello Stato. Poi il monito di Renzi: “Il centrodestra ha dimostrato la capacità di rivestire un ruolo e proporre nomi, ma se vuole stravincere si ritroverà con un presidente di centrosinistra”.
Infine, il messaggio distensivo di Salvini, che ha detto di lavorare con serietà e che si potrebbe essere vicini a una soluzione: niente spallate, dunque, né strappi temuti fino a qualche ora prima.
Domani nuova votazione, la quarta, la prima a maggioranza assoluta e con il quorum abbassato a 505 voti