Se a Temptation Island una 19enne racconta che il suo fidanzato, semianalfabeta di 23 anni, è talmente geloso da non farla uscire di casa neanche per comprare il pane, se questo va in onda e se è il reality più seguito e amato in assoluto, non possiamo stupirci di violenze e femminicidi, che proprio da questa becera sottocultura del possesso della donna nascono. E no, quella frase della napoletana che prova a ribellarsi salvo poi tornare nelle rassicuranti catene saldamente tenute dal suo carceriere, non è una frase: è una finestra sul mondo dei rapporti fra uomo e donna, su quel mondo dove i femminicidi nascono, perché l’uomo ammazza la donna nel momento in cui viene lasciato e non può più esercitare il suo diritto al possesso. Banale e lineare almeno quanto raccapricciante. Che poi quella frase arrivi da una di 19 anni fa ancora più ribrezzo, perché dimostra quanto siano radicati e inestirpabili certi meccanismi ancestrali dell’uomo al comando e della donna al servizio. Frasi che sembrano innocenti sono bombe pericolosiissime: “Non vuole che mi metta quel vestito” è una delle più frequenti, e se solo ci si fermasse a pensare all’orrore di questa affermazione forse avremmo già metà soluzione al problema.
Ed è nella stessa fertile terra che nascono iniziative come la donna al cioccolato di Golfo Aranci o l’orinatoio in palestra a forma di seducente e carnosa e rossa bocca di donna spalancata. Iniziative che sembrano innocue e persino divertenti, di cui non se ne capisce la drammatica portata proprio perché siamo talmente intrisi di subcultura che è difficile rendersene conto. E questo è sicuramente l’aspetto peggiore e più pericoloso.
Detto questo, dall’universo politico femminile italiano, a parte un paio di eccezioni, è calato un assurdo, fastidioso, pericoloso silenzio, bipartisan e incomprensibile, sugli episodi che si sono susseguiti negli ultimi giorni proprio mentre si consumavano violenze sui corpi di ragazzine da parte di un branco convinto che tutto è concesso, perché la donna è carne, è proprietà dell’uomo che può farci quello che vuole.
Le nostre rappresentanti politiche preferiscono fare le guerre per le finali delle parole al femminile invece che battaglie per cambiare una cultura che, schermandosi proprio dietro quelle finali e sbandierandole come una epocale conquista, trascina nell’abisso.











