Stop visite intramoenia, i medici privati della Sardegna non piangono e avvisano: “Da noi le liste sono già piene”

Negli ospedali isolani fine dell’intramoenia, ma già tantissime persone scelgono di pagare per essere visitate. E, forse, è il segno di una disaffezione verso la sanità pubblica. Giuseppe Salaris, pneumologo: “Pazienti aumentati del 100% negli ultimi due anni, visite da 70 a 100 euro e c’è chi chiede lo sconto”. Matteo Antonio Orrù, ortopedico: “Per altri malati dovrei aggiungere giorni che non esistono. Noi medici non siamo ladri solo perchè guadagniamo, basta col populismo, non siamo missionari: una visita parte da 70 euro, molti scelgono il medico con le recensioni online”

I medici che hanno superato la quota prevista delle visite in intramoenia degli ospedali sardi hanno le mani legate da ieri, la determina dell’assessore regionale della Sanità Mario Nieddu obbliga a velocizzare le visite classiche per cercare di snellire le liste di attesa. E i loro colleghi privati, a detta di qualcuno, sarebbero pronti a fregarsi le mani: meno pazienti nel pubblico, più pazienti da noi. Vero o falso che sia, in più di un caso anche negli ambulatori privati si è raggiunto il livello del troppo pieno. Primi spazi liberi tra più di due settimane, oppure liste già belle piene e le ore giornaliere, 24, che non possono essere aumentate. Ma c’è comunque un dato, più o meno marcato, che salta agli occhi. Negli ultimi due anni quasi tutti hanno visto aumentare i propri pazienti. Giuseppe Salaris, 68 anni, pneumologo, è in pensione dal 2017. Prima, per decenni, ha lavorato in qualità di dirigente medico e, dal 2003, è stato responsabile di struttura semplice Pneumologia all’Assl di Cagliari, con attività prevalente nel day hospital indirizzato alla diagnosi e alla terapia delle neoplasie polmonari. “I malati non sanno più dove sbattere la testa, c’è anche un mercato su internet che sta diventando sempre più difficile, fatto di recensioni. Così si sceglie il medico, non per conoscenza diretta. Le liste d’attesa si sono allungate anche nel mio caso, il primo posto libero è tra due settimane. E capita che i pazienti, poi, non vengano più dopo aver prenotato, in molti casi senza nemmeno avvisare, e vanno nel primo posto libero che trovano. Da me le visite vanno dai 70 ai cento euro, c’è chi mi chiede lo sconto ma perchè vuole evitare la parcella. Invece, la faccio sempre e faccio un piccolo sconto solo se mi rendo conto di avere davanti chi sta facendo i salti mortali per curarsi anche se non ne ha la possibilità economica”.
E la chiusura dell’intramoenia nel pubblico “sta iniziando a portare i primi problemi nel privato, in chi fa la libera professione. E quello delle lunghe attese unite alla stessa intramoenia è un falso problema, un medico fa sempre 38 ore settimanali e, poi, ha il diritto di fare altro, anche di visitare a pagamento. Negli ospedali c’è carenza di organico”, osserva Salaris, “negli ultimi due anni i miei pazienti sono raddoppiati. Ma non vanno messi in competizione i medici del pubblico con quelli del privato. Se non c’è la possibilità di affrontare una visita in ospedale, ci si può dirottare nella libera professione”.
Matteo Antonio Orrù, 47 anni, è ortopedico e visita a Cagliari, Quartu, Senorbì e Mogoro: “Ho le richieste che ho sempre avuto, c’è stato un leggero incremento anche, però, per la qualità professionale che si acquisisce negli anni”. Insomma, operi bene e si crea il passaparola: “Non gestiamo urgenze o emergenze, ma le visite ordinarie”. Le tariffe? “Visita ortopedica 80 euro, quella di controllo 60, cinquanta per una infiltrazione e da 300 euro per una perizia medico legale. Le liste d’attesa lunghe ci sono sempre state, personalmente non comprendo la scelta dell’assessore Mario Nieddu. Durante il Covid nel pubblico erano permesse solo le visite urgenti, nel privato è stato diverso. Chi va in intramoenia non lo fa perchè vuole un ortopedico qualunque, ma uno in particolare. E il provvedimento dell’assessore blocca le prestazioni aggiuntive nel pubblico, forse se ne faranno di più in convenzione”.
Solo chi vivrà vedrà: “Noi dottori siamo pieni di incompatibilità assurde. Per esempio, un medico di base con specialità da ortopedico può fare ambulatorio privato in libera professione ma non può aprirne uno in convenzione. Per abbattere le liste di attesa bisogna dare più risorse”, afferma Orrù, “non è vero che i medici non vogliono lavorare, per legge fanno sempre trentotto ore settimanali. E nessuno lucra, visto che la sanità privata costa, alle casse della Regione, ogni anno, il 3 per cento delle spese totali per la sanità stessa, ed eroghiamo il diciotto per cento di tutte le prestazioni. Noi non siamo missionari, siamo professionisti con titoli, che hanno studiato e che sanno lavorare. È inaccettabile chi dice che siamo ladri o truffatori. Semplicemente, non siamo missionari. Le mie giornate sono già abbastanza impegnate, per avere nuovi malati da seguire dovrei aumentare i giorni della settimana. Magari ci fosse concorrenza tra me e i miei colleghi degli ospedali”, conclude l’ortopedico, “i manager degli ospedali pubblici hanno invece adeguato i servizi a degli standard elevati”. Che, però, non si sa se abbiano prodotto risultati sempre eccellenti, viste le attese da infarto prima di essere visitati: “I medici, ripeto, non sono imbroglioni solo perchè guadagnano, è populismo, e dei più beceri”.


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