Stop alle danze sino al sette settembre, l’emergenza Coronavirus “spegne” l’estate 2020 delle discoteche dopo una riapertura verso metà luglio. La decisione è del Governo, che obbliga tutte le Regioni a sbarrare locali che fanno musica all’aperto per cercare di contenere una possibile risalita dei contagi. Una scelta che fa infuriare uno degli organizzatori “young” più noti a Cagliari e provincia, Nicola Schintu: “Per colpa di qualcuno ci siamo passati tutti, in Sardegna i contagi sono bassi. Le discoteche hanno poche responsabilità, stavamo vivendo alla giornata. Ora, insieme al mio gruppo di lavoro di venti persone, siamo nuovamente fermi. Questa gente come dovrà campare? Gli assembramenti non c’erano al Frontemare di Quartu, da metà luglio abbiamo sempre fatto tutti i controlli del caso per garantire sicurezza. Già da due mesi, invece, ci sono assembramenti ben visibili, per esempio, al Bastione e in piazza Yenne a Cagliari”. Insomma, per Schintu si sarebbe dovuto continuare con le ultime regole: un metro di distanza, due per chi vuole ballare in pista. Ma da Roma hanno deciso diversamente.
“Non sono nemmeno arrivati i 600 euro ai nostri dipendenti, dopo il ‘Decreto Rilancio’ avevano esteso la cifra anche agli stagionali ma non è arrivato nulla, tra documenti e carte sempre nuove. Eppure versiamo tutti i contributi regolarmente”, osserva Schintu. “Da marzo a giugno abbiamo ricevuto, come società, solo un indennizzo per aprire, circa novemila euro. Ormai punto già sull’autunno, sperando che facciano riaprire le discoteche. Il Governo sembra che sia spaventato per l’apertura delle scuole, per loro è solo quello il problema. Noi, invece, non vediamo soldi da mesi e non sappiamo come ammortizzare i costi della strumentazione acquistata, dopo 5 o sei mesi è già vecchia. Solo le discoteche chiuse, bar e ristoranti no, forse perchè loro sono in tanti e noi in pochi? Chiederemo alla Regione soldi per tutti questi mesi fermi”.












