Hanno risposto “sì” alla chiamata ricevuta dall’Asl durante la pandemia, lasciando un posto nel privato per andare a lavorare nel pubblico, quando la loro figura era preziosa come l’oro. Una scelta legittima, quella fatta da tanti infermieri in Sardegna, che però ha portato a vuoti, anche pesanti, nelle strutture private. Case di riposo e residenze per anziani hanno visto diminuire il personale a disposizione, e questo discorso riguarda, seppur in parte minore, anche gli Oss. Ma sono soprattutto gli infermieri a mancare, nonostante le offerte di lavoro pubblicate anche sui social non manchino. Forse, la speranza di chi si vede rinnovare il contratto nel pubblico a tempo determinato è quella di essere prima o poi stabilizzato. E, se in questo caso c’è solo da incrociare le dita e attendere, chi deve gestire la vita quotidiana di tanti nonnini e nonnine lancia l’allarme. Gianni Masala, tra il capoluogo sardo e l’hinterland, gestisce otto strutture integrate: “Non ho ricevuto nessun curriculum, nonostante stia cercando infermieri da mesi e abbia messo gli avvisi. L’Asl nel periodo della pandemia ha fatto razzia, chiamando infermieri e Oss senza concorso portandoli via dal mercato del lavoro privato. Tutti abbiamo perso del personale, a me mancano 8 infermieri e otto Oss”, spiega. “Tanti infermieri erano convinti che l’Asl avrebbe, poi, consolidato il rapporto lavorativo rendendolo a tempo indeterminato, ma sono rimasti fregati perchè hanno abbandonato contratti indeterminati nel privato per lavorare 6 o 9 mesi nel pubblico, senza essere confermati. Pretendevano capra e cavoli, gli infermieri, volevano mettersi in aspettativa ma non gliel’ho permesso. Lo stipendio non è diverso, ma il settore pubblico sembra essere più sicuro ma non è assolutamente vero”. Masala, per iniziare a sopperire l’emergenza, è riuscito a trovare Oss “grazie ai corsi regionali a pagamento. Per gli infermieri sto ricorrendo a chiamate dall’estero, dall’Argentina e dal Sudamerica. Fanno turni normali, con tanto di contratto regolare, sennò non gli avrebbero dato il permesso di soggiorno: in parte mi sono salvato così. Farli arrivare dall’estero comporta attendere tempi biblici, non sono ancora riuscito a reintegrare tutto il personale che è andato via”.
Carenze di infermieri e Oss anche in altre due case per anziani, una a Pirri e una ad Assemini, gestite entrambe da Luciano Damiazzi: “Mancano due infermieri, un altro l’abbiamo trovato ma per pura fortuna. Prima della pandemia non c’erano problemi ma dopo, con ospedali e Asl che hanno reclutato tutti gli infermieri sulla piazza, anche i nostri si sono licenziati per lavorare nel pubblico. Il nostro contratto è uno dei più favorevoli, con tanto di quattordicesima, è di poco inferiore a quello pubblico, da noi si guadagnano circa 1400 euro al mese per il tempo pieno”, osserva. E in parallelo, negli ospedali sardi, i contratti indeterminati non sono mai stati fatti, c’è stato solo un rinnovo di tutti quelli a tempo determinato, qualche mese fa: “E ora c’è un problema per l’ulteriore rinnovo che spero si risolva, sennò sarà un problema anche per noi”. Infermieri dall’estero? “Sinora non ne abbiamo assunto nemmeno uno, ci appoggiamo ad infermieri liberi professionisti che hanno costi altissimi e dall’estero, con costi che vanno dai trenta ai 40 euro all’ora. Strutture come le mie, che si reggono sul volontariato e rispettano le qualifiche dei dipendenti, significa rimodulare le rette degli ospiti. E, visto che anche le bollette della luce sono aumentate tantissimo, abbiamo aumentato le tariffe di almeno cento euro, portandole da 1800 euro a duemila”.












