Le associazioni e cooperative dei soccorritori del 118 che operano nei pronto soccorso degli ospedali sardi sono allo stremo. La situazione è diventata ormai insostenibile. “Siamo abbandonati a noi stessi”, lo ha detto Pier Paolo Pintus, rappresentante dell’Associazione nazionale azione soccorso (ANAS), in audizione in commissione Salute sulla grave situazione dei Pronto soccorso in Sardegna.
L’associazione comprende in Sardegna 13 organismi del volontariato: 400 tra volontari e soccorritori, che operano in tutta l’Isola 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
“Mancano le barelle per consentire un celere trasferimento del paziente”, ha spiegato Pintus, “mancano i presìdi da consegnare alle ambulanze in cambio di quelli che utilizzano per il paziente, come tavole spinali, collari cervicali, steccobende, barelle a cucchiaio, oltre ai tempi di attesa pre-triage lunghissimi col paziente in ambulanza in camera calda o in fila fuori della stessa, spesso sotto il sole in piena estate, come successo nelle scorse settimane in numerosi Pronto Soccorso dal sud al nord dell’Isola: in particolare, a Cagliari e Alghero.
Per Pintus “questo è uno dei punti critici fondamentali, certamente aggravato dal momento in cui è stato necessario attuare tutta la serie di controlli per la prevenzione del Covid. Se nel periodo precovid i ritardi erano dovuti soprattutto alla mancanza di barelle e presìdi e le ambulanze dovevano quindi attendere questi ultimi per poter riprendere servizio, dall’avvento della pandemia la situazione è precipitata a causa del sovraffollamento dei Pronto Soccorso, dell’insufficienza di personale addetto al triage, delle attese in ambulanza davanti alle porte sbarrate delle “zone pulite” e “zone sporche” finché un infermiere non trova il modo di uscire per misurare i parametri e permettere l’accesso e, una volta dentro, delle ulteriori attese affinché il paziente venga preso in carico. Questo, beninteso, sempre che il paziente stesso non risulti “sospetto”.
Questi problemi, secondo Pintus, hanno causato “la paralisi del sistema di emergenza in particolare in alcuni territori”, ma anche “situazioni insostenibili per i pazienti e conseguentemente per i soccorritori che sanno a che ora escono in intervento, ma non sanno mai a che ora possono rientrare perché “ostaggi” di questo sistema farraginoso che li costringe a soste forzate di molte ore”, spesso vestiti in tenuta anti covid, “e senza neanche poter andare in bagno o mangiare qualcosa. Per tutta l’estate gli uni e gli altri hanno dovuto sostare sotto il sole anche per 6/8 ore o per intere nottate essendo costretti anche, in alcuni casi limite, a dover cambiare il panno al paziente anziano e sfinito”.
Pintus ha chiesto dunque l’intervento della Commissione per cercare di risolvere la situazione e si è fatto portavoce di una serie di proposte operative.











