Sardegna, si lavora per la collettività nonostante il coronavirus. I dipendenti dell’inceneritore: “Noi ci siamo”

Non solo medici e infermieri. All’inceneritore si lavora per non sovrapporre emergenza all’emergenza, come accade a tante altre categorie di lavoratori. Raccontateci le vostre storie


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L’imprevedibilità dell’essere.
Mi mancava, effettivamente mi mancava, dopo tre alluvioni, inondazioni, danni ingenti e decessi. Si, mi mancava proprio un’emergenza strana, con il suo strano aspetto, non la vedi, non ha odore, non trascina detriti e di tutto. Ho visto camminare auto senza guida sollevate dall’acqua, ho visto stipetti galleggiare, colleghi a cui sono mancati familiari; amici che hanno avuto danni alle loro abitazioni, ai loro affetti, alla loro vita stessa. Li ho visti come vedo, per l’ennesima volta, tanti colleghi dediti al loro lavoro, un lavoro che è un servizio pubblico, un lavoro che porta via dalle nostre strade i rifiuti e che se rimanessero li sarebbero un’emergenza nell’emergenza. Non vedo armadi galleggiare, o stivaloni, o sedie, questa emergenza si sente ma non si vede ma ho visto i mie amici, miei colleghi lavorare e lavorare e lavorare. Come tutte le categorie, che applaudiamo, dagli operatori sanitari, alla vigilanza, agli addetti alle pulizie, ai trasportatori, a chi non fa fermare tutto. E si, colleghi non vedo inondazione, non vedo fuoco non vedo vento, ma qualcosa di informe strano, paradossale. Vedo bene, benissimo voi, ci siete e ci  siamo, e come sempre, a garantire un servizio importante e indispensabile. Grazie a tutti.


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