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C’era davvero molta gente alla presentazione del progetto di Michela Murgia,’Sardegna possibile’, all’ex Vetreria di Pirri, tanto da doverla svolgere in due fasi, per far partecipare tutti. E’ una coalizione che si presenta subito fuori dagli schemi tradizionali della politica, senza letture pubbliche di discorsi preparati, con molte facce nuove ma anche con qualche profugo di rilievo. Un parterre molto estemporaneo, che parla “a braccio” a cominciare da Romina Congera, ex assessore del lavoro giunta Soru, molto emozionata e sofferente nel descrivere l’esperienza da lei vissuta nella sua legislatura. E poi ha parlato un’altra donna che si sente “tradita”, Valentina Sanna, anche lei ex, presidente regionale del Pd, prima della clamorosa sua uscita con tanto di sofferta lettera di dimissioni. Le due donne hanno trovato un porto sicuro nella nuova coalizione, dove, affermano, non ci sono gerarchie ma inclusioni, dettate da un’aperta e per niente verticistica partecipazione. Altri interventi sono stati quelli di Filippo Scalas, sindaco di Nurachi, coordinatore della rete dei comitati territoriali e dei due dirigenti di Progress, Franco Contu, segretario e il presidente Sandro Ghiani, che ha parlato in sardo in tutto il suo discorso. Ma l’attenzione era tutta concentrata su di lei, Michela Murgia, nel suo nuovo look con capelli corti e peplo. Il tono era docile, insolitamente, mentre raccontava della sua passeggiata fino a Sarrock col panorama di Cagliari al suo ritorno, città bella ma con qualche stortura edilizia, che l’ha disturbata e fatta piangere. Infatti Michela sembra meno agguerrita, più inclusiva e modesta, nell’ammettere l’imcompetenza rimproveratale da Maninchedda a Videolina: la competenza, ha detto, gliela forniranno gli altri, quelli coi quali lavorerà alla pari, perchè personalmente non si proclama padrona di nessun progetto, se non quello riguardante il bene della Sardegna. E si comincerà ad acquisire competenze il 27 ottobre a Nurachi, incontrando il mondo della cultura, quello da cui si deve partire per ricostruire l’isola. Ma il programma c’è ed è in 100 punti, che dice riportati nel sito, anche se in realtà sono scomparsi per una ricostruzione dello stesso. Comunque l’autrice di Accabadora ne ha subito snocciolato 5: una cassa sarda per le entrate, la legge-quadro sull’istruzione, il piano energetico (con il sì alle rinnovabili, ma con regole precise), con un netto no al carbone, un sistema sanitario che presenti lo stato reale di salute dell’isola, con un registro della mappa dei tumori in Sardegna e poi un bel piano dei trasporti, munito di flotta sarda. Sarà difficile, ha ancora detto Michela, unire i due gruppi principali della coalizione: gli indipendentisti di Progress e i tanti che si riconoscono in quello che, impropriamente secondo lei, si definisce mondo civile, attraverso liste civiche. L’impressione è comunque quella di un progetto che vuole staccarsi dalla burocrazia della politica e del politichese, e vuole parlare un linguaggio semplice per tutti. Il pericolo sta in un equivoco che potrebbe crearsi: che ‘Sardegna possibile’ diventi il ricettacolo dei transfughi o dei politici delusi in cerca di una collocazione, invece che un autentico contenitore di nuove proposte.