Da Cagliari a Olbia, passando per Iglesias, Carbonia, Oristano, Nuoro, Sassari, senza contare poi le centinaia di piccoli Comuni sardi. La sanità isolana ha fatto crac già da tempo e ritorna la guerra totale tra i sindacati e, in prima battuta, la Regione. Cgil, Cisl e Uil “hanno deciso di avviare il percorso di mobilitazione regionale che sfocerà in una manifestazione a metà ottobre”. L’ennesima, con accanto i cittadini e le associazioni, con la speranza che le troppe situazioni di crisi possano migliorare: “Sono emerse tutte le criticità dei diversi territori che da mesi sono mobilitati per difendere il diritto alla salute. Assistiamo alla chiusura dei reparti, dei pronto soccorso, all’aumento delle liste d’attesa e della mobilità interna ed esterna alla regione, al disagio crescente degli operatori sanitari che arrivano addirittura a licenziarsi per l’insostenibilità dei turni di lavoro”, dicono i segretari generali Cgil, Cisl e Uil Samuele Piddiu, Gavino Carta e Francesca Ticca, sottolineando che “in attesa dell’avvio delle nuove aziende sanitarie territoriali dopo il superamento della Asl unica, la drammatica situazione ormai generalizzata non è accettabile, sono urgenti interventi che sappiano dare risposte ai cittadini e ai tanti lavoratori del settore”. I sindacati definiranno nei prossimi giorni le linee di azione unitarie e un documento di sintesi regionale che terrà conto delle specificità delle realtà territoriali.
Tutto in parallelo all’antipasto della protesta e dello sciopero di 24 nel più grande ospedale sardo, il Brotzu, dove non pochi infermieri sono in fuga: “Rinunciano al contratto indeterminato per non finire dallo psichiatra”. A quanto pare, anche una parte i loro colleghi di altri presìdi ospedalieri ha preso la stessa, drammatica, decisione.












