Prendete la sanità, togliete poltrone e potere e guardate quello che resta: niente. O quasi. Perché la sanità in Sardegna è, lo è sempre stata, un esercizio di potere politico, sociale, economico. I sardi? I malati? I disperati? Non pervenuti.
La dimostrazione sta tutta in quello che è accaduto nelle ultime settimane: dopo un anno e passa a parlare solo della minaccia oscura delle rinnovabili, con leggi strabocciate in tutti i gradi di giudizio, la giunta regionale si è finalmente ricordata che esiste un dramma enorme in Sardegna, il più grande, che si chiama sanità. Liste d’attesa infinite, pronto soccorso impraticabili, ospedali strapieni, pochi medici e ancor meno infermieri, pazienti ricoverati su barelle in corridoio e via dicendo, cose che tutti sappiamo e viviamo.
Dunque la presidente 5 stelle Todde ha deciso di decapitare le asl per metterci altrettanti commissari, suoi uomini di fiducia: giustamente, perché si sa, il pesce comincia a puzzare dalla testa, e per fare un’opera di pulizia bisogna iniziare da lì.
Alle resistenza del pd, la Todde ha risposto come deve rispondere un presidente che ha preso migliaia di voti in più della coalizione che la sostiene e che crede in quello che fa: mollandoli e andando avanti. Il Pd, stretto nell’angoscia del vorrei ma non posso, non ha partecipato al voto sui nuovi commissari, ma non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo e uscire dalla maggioranza.
Ma questo episodio, dopo un anno di torpore assoluto e di totale schiacciamento del Pd sotto il peso pentastellato-contiano, che nella comunicazione esagerata e sopra le righe da sempre trova la sua cifra, ha avuto come effetto immediato quello di rianimare il pd e riportarlo nel dibattito politico, a rivendicare un ruolo nella sanità. Nella spartizione di poltrone e poteri della sanità, per essere precisi. Perché se la situazione è disastrosa e drammatica e molto oltre il Sudan di bertolazziana memoria, nessuno ha mai mosso un dito finché le poltrone frutto di decennali equilibri trasversali non sono state sfilate e occupate dai 5 stelle, che hanno ora la totale gestione del rinnovamento in sanità.
Il Pd si è precipitato a Oristano nel conclave regionale per dire che no, la sanità non può essere roba monocolore, non entrando mai nel merito dei problemi ma facendone appunto solo una questione di gestione politica e dunque di poltrone e potere. Lontanissima dalle reali esigenze e necessità dei sardi. Sulla cui pelle si consuma l’odio politico fra alleati che non si sopportano più.