Il 4 marzo sarà un anno che Rosabianca Rombi ci ha lasciato. In questo tempo, quelli di noi che l’hanno conosciuta ed apprezzata, hanno avuto modo di ricordare tutti i momenti vissuti con lei, nella vita privata e nel contesto pubblico che, grazie a lei, hanno conosciuto e vissuto. A lei non sarebbe piaciuto un ricordo formale, l’elenco incalcolabile delle iniziative che ha promosso nel nome della poesia, guidata da una passione autentica, vissuta anche nella quotidianità, oltre che ampiamente rappresentata.
Quando l’ho conosciuta, nella sua eleganza raffinata, ho iniziato con lei un percorso di scambi di conoscenze, di saperi, nel circuito della poesia, dato che veniva nel Liceo dove lavoravo, il Siotto, conducendo con sè poeti del calibro di Luzi, Giudici, Spaziani, Pecora, Bellezza, De Angelis, Spaziani, e tanti altri. Li accompagnava nella nostra aula magna, con la naturalezza con cui si accompagnano i compagni della nostra vita, sicura che la lettura dei loro versi, spesso da lei stessa recitati, avrebbero creato quell’atmosfera magica che i ragazzi colgono senza troppe chiose o analisi dei testi. Nella mia presunzione di insegnante di Italianistica, i miei alunni non erano pronti a recepire il senso dei testi di quei grandissimi poeti contemporanei, così poco frequentati a scuola, senza un adeguato corredo critico ed etimologico. Col tempo mi sono dovuta rendere conto, grazie a lei, che è la parola poetica da sola, in grado di evocare lo stupore ed il processo interpretativo può giungere anche in un secondo tempo.
Nel tempo, al di fuori di queste nostre collaborazioni sempre più strette, ho conosciuto di lei un lato umano più profondo, anche nelle sue debolezze, quando pensavo fosse una donna non scalfibile, eterna, anche irraggiungibile. E’ nata allora una comprensione profonda della poesia come elemento che accomuna le anime, come strumento di conoscenza delle persone, nel brutto e nel bello, nella realtà insomma. Accade quando si parla anche di nipotini, di amori, di tentazioni giovanili, di passioni davvero vissute, di sbagli, di sentimenti di donne.
Così ora, a distanza di un anno dalla sua mancanza, posso testimoniare che la parte più bella di Rosabianca non era quella in cui magicamente leggeva versi di fronte ad un pubblico sempre più vasto, ma era quella nascosta, quella in cui le parole si dicono sottovoce e nessuno le sente.
Venerdì 4 marzo ci sarà un incontro, da don Ettore Cannavera, al La Collina a Serdiana, alle 17.00., un luogo a lei ben noto, dove andava a leggere versi a chi forse non conosceva le fonti, ma sapeva cogliere un significato autentico, come accadeva anche tra i carcerati e gli ultimi, cui amava rivolgersi, in un cristianesimo forse poco ortodosso. Chi ha amato Rosabianca nel contesto che ho cercato qui di esprimere non potrà mancare.













