di Paolo Piu
“Son nata tra i muschi e tra i licheni” dice Rautendelein, creatura fatata dei boschi, accompagnandoci nel mondo fiabesco de La campana sommersa, di Ottorino Respighi, su libretto di Claudio Guastalla, che il 1 aprile ha inaugurato la nuova stagione lirica e di balletto 2016 del Teatro Lirico di Cagliari.
L’opera, in quattro atti, è tratta dal poema drammatico omonimo Die versunkene Glocke di Gerhart Hauptmann, che da subito infiammò la vena creatrice del compositore bolognese, riscuotendo un grande successo sin dalla prima rappresentazione ad Amburgo nel 1927. Essa pone in evidenza il contrasto tra due mondi, quello degli esseri immortali della natura, come i fauni e gli elfi della mitologia pagana e quello reale, popolato dagli esseri umani. In apparenza separati, sono in realtà compenetrati e interagiscono l’uno con l’altro.
Gli uomini col loro progresso vanno via via distruggendo il mondo naturale. Come conseguenza un fauno, per ritorsione, fa affondare nel lago la campana della chiesa, simbolo del mondo degli umani. A seguito di ciò Mastro Enrico si smarrisce nei meandri della natura e viene salvato da Rautendelein, la cui voce gli ricorda il suono melodioso della campana di cui è il costruttore. I due si innamorano all’istante ed Enrico si ritrova avvolto in una dimensione onirica al di fuori del tempo. A causa di ciò egli abbandona la famiglia e il mondo degli uomini per andare a vivere con la fata sulle vette dei monti, credendo di essere Balder, il dio pagano del sole. Ma l’idillio dura poco. L’amore impossibile tra un mortale e una fata è destinato a concludersi presto. In una visione egli vede i suoi figli miseri e laceri che gli portano la notizia della sofferenza e della morte della moglie che si è lasciata annegare nel lago. A quel punto si odono i rintocchi della campana che preannunciano una grande sventura. Enrico accuserà Rautendelein di averlo ingannato e fuggirà via da lei. Dopo molti anni i due amanti si ritrovano per brevi momenti, per confermare il loro amore, poco prima della morte di Enrico, in una scena simile a quella iniziale, che conduce alla conclusione dell’opera.
La regia è di Pier Francesco Maestrini, la direzione musicale di Donato Renzetti e i costumi di Marco Nateri.
Molto belle le scenografie di Juan Guillermo Nova, ispirate soprattutto ai famosi quadri dei pittori romantici e dei preraffaelliti. Accurate anche le citazioni di autori della tradizione ottocentesca, da Goethe a Wagner.
La stagione di quest’anno concentra l’attenzione verso i grandi compositori italiani dell’Ottocento/Novecento: Rossini, Verdi, Puccini e Respighi. In questo modo il Teatro Lirico di Cagliari rende omaggio al riconoscimento dell’opera lirica italiana, da parte dell’Unesco, quale Patrimonio dell’Umanità, impegnandosi a portare avanti anche nei prossimi anni, un importante progetto di valorizzazione del repertorio operistico italiano, in particolare quello del Novecento.
La campana sommersa, che verrà replicata il 2, il 3, il 5, il 6, l’8 e il 10 aprile, vede alternarsi sul palco, nel ruolo della protagonista, il soprano rumeno Valentina Farcas con Daniela Cappiello (2, 5) (Rautendelein), affiancate da nomi famosi e da giovani promesse che si avvicendano nelle recite quali: Maria Luigia Borsi/Francesca Tiburzi (2, 5) (Magda), Agostina Smimmero/Lara Rotili (2, 5) (La Strega), Martina Bortolotti, Francesca Paola Geretto e Olesya Berman Chuprinova (Le Elfi), Angelo Villari/Francesco Medda (2, 5) (Enrico), Thomas Gazheli/Gocha Abuladze (2, 5) (L’Ondino), Filippo Adami/Tatsuya Takahashi (2, 5) (Il Fauno), Dario Russo/Alessandro Abis (2, 5) (Il Curato), Nicola Ebau (Il Maestro), Mauro Secci (Il Barbiere), Sandro Meloni (Il Nano).












