Arrivano a piedi, dietro il carro funebre, i genitori con la sorella e la fidanzata di Massimo Cocco, il 19enne morto annegato dentro la sua auto, mercoledì tre gennaio, ai bordi della Sulcitana, mentre stava andando al lavoro. Si stava formando nel settore della ristorazione, Cocco, ma la sua vita è stata spezzata troppo presto in una strada che è ancora, a tutti gli effetti, maledetta. Un lungo corteo di scooter e motorini ha accompagnato l’ultimo viaggio del giovane: i suoi tanti amici non sono assolutamente voluti mancare al funerale, officiato nella chiesa di San Giorgio dal don Elvio Puddu: “Dacci la forza da lassù, Massimo”. Una famiglia distrutta dal dolore e una giovane ragazza che ha perso la sua metà, con la quale stava già iniziando a progettare seriamente un futuro. Una morte che fa ancora più rabbia, soprattutto se si pensa al fatto che quella strada, il diciannovenne, la conosceva molto bene. Dall’autopsia è emerso che il ragazzo sia morto per annegamento e non per le ferite riportate nello schianto con un’altra macchina. Il medico legale Giovanni Paolo Maietta farà avere una consulenza finale in Procura solo quando si conosceranno gli esiti degli accertamenti istologici.
Dettagli, pur sempre importanti, che però passano in secondo piano davanti a un figlio, un fratello, un fidanzato, un amico che è scomparso tragicamente: “Ti ameremo per sempre”, questo l’ultimo urlo di chi amava Massimo Cocco, prima che il feretro fosse trasportato nel cimitero di Quartucciu. Ad accompagnarlo, dal cielo, una raffica di palloncini bianchi e blu.










