La sua voce se la ricorda benissimo, come anche i lineamenti, grazie alle videochiamate, possibili una volta al mase. Ma sapere che uno dei propri figli, Micael, è in un istituto di riabilitazione psichiatrica in Piemonte da sette anni e riportarlo in Sardegna risulta impossibile, sta martoriando l’esistenza di Carlo Loi, 62 anni, ex lavoratore oggi affetto da una sclerosi multipla che gli procura già molti grattacapi: “Ma che non mi impedisce di curarmi del mio unico e tanto amato figlio”, racconta l’uomo. Loi ha fatto i classici conti della serva: “Per essere seguito da personale esperto il costo giornaliero è di 200 euro, moltiplicati per sette anni si superano abbondantemente i cinquecentomila euro, tutti soldi pagati dal servizio sanitario che li ha presi dalle nostre tasse”. Nell’Isola non ci sarebbe nessuna struttura in grado di accoglierlo e di proteggerlo e seguirlo a dovere: “Più volte ho chiesto al Centro di salute mentale di Cagliari di riportarlo in Sardegna ma combatto contro un muro di gomma. Basterebbe riportare tre o quattro persone sofferenti mentali, metterle in una casa e farle seguire da personale specializzato locale”. Così, secondo Loi, sarebbe possibile prendere i classici due piccioni con una fava: “Io starei accanto a mio figlio molto più spesso, idem i genitori degli altri ragazzi malati, e si risparmierebbero anche tanti soldi”.
L’idea è valida, metterla in pratica però sembra proprio essere difficilissimo: “La struttura nella quale si trova mio figlio è molto severa per quanto riguarda le visite esterne. Posso spostarmi solo una volta all’anno per abbracciarlo. È poco, è maledettamente troppo poco”, sbotta Loi. “Ho proposto una soluzione che comporta anche un risparmio per le casse pubbliche, è davvero così difficile da mettere in pratica?”.











